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Storia ed estetica dei maxischermi nel calcio

Ha ancora senso che non vengano mostrati i replay?

Storia ed estetica dei maxischermi nel calcio Ha ancora senso che non vengano mostrati i replay?
Storia ed estetica dei maxischermi nel calcio Ha ancora senso che non vengano mostrati i replay?

Nel calcio c’è un rito sacro quando si ha la sensazione di aver assistito ad una partita storica. Finiti gli abbracci con i vicini di posto, le urla, i cori e perché no le lacrime, si alza lo sguardo al cielo puntando il proprio telefono in direzione del punto in cui la storia si è fermata. Il risultato finale di una partita segnato sul maxischermo è senza dubbio la miglior foto ricordo da portarsi via in notti magiche, come ad esempio è stato per i tifosi dell’Inter al termine della semifinale di Champions League contro il Barcellona. Il modo migliore per dire “Io c’ero”. L’impatto visivo è così forte, il suo significato così immediato, che non serve nemmeno un messaggio per accompagnare la foto sui social. A conferma che i maxischermi continuano a rappresentare un punto fondamentale per il calcio e la sua fruizione allo stadio.

Le origini

Il passaggio dal tabellone segnapunti al maxischermo può essere fissato intorno a metà degli anni ‘70 ma sono i primi anni ‘80 a segnare una svolta nell’evoluzione, estetica e tecnologica. Nel 1984 l’Udinese installò uno dei primi maxischermi ideato con il solo scopo di intrattenere il pubblico allo stadio. Si tratta del Cosmo, ovvero un impianto prodotto dalla Matsushita che il club friulano utilizzò sino fino ai primi anni ‘90 proponendo al pubblico presente allo stadio contenuti su altri sport nel corso del pre partita mentre nel corso del match veniva proiettato un ciclo continuo di pubblicità interrotto solo dagli aggiornamenti in tempo reale dagli altri campi. Questa è stata senza dubbio la prima funzione principale dei maxischermo, sostituirsi alle radioline per sapere in presa diretta cosa stava accadendo sui campi delle altre partite in contemporanea.

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Con la frammentazione della schedule delle singole giornate di campionato, le aziende e le squadre di calcio hanno dovuto reinventare il modo in cui sfruttare i maxischermi, oltre che ragionare su nuove forme. Se prima il fascino della novità tecnologica poteva nascondere il brutalismo architettonico di questi schermi giganti, gli anni 2000 hanno portato con sé anche la necessità di rendere questi strumenti compatibili con l’evoluzione degli stadi. E qui si inseriscono i primi utilizzi dei jumbotron in stile NFL, ovvero strutture pendenti al centro del campo e appese alla struttura superiore dell’impianto. Due esempi di questo tipo di soluzione arrivano dalla Germania, con l’Arena AufSchalke di Gelsenkirchen e il Waldstadion di Francoforte.

L'evoluzione

La nuova evoluzione dei maxischermi che sta influenzando l'architettura contemporanea degli stadi europei anche in questo caso è partita dagli Stati Uniti. Ad esempio il Tottenham per il suo nuovo stadio, oltre ad installare schermi ad altissima risoluzione in ognuno dei quattro angoli, grazie alla partnership con Daktronics ha installato tre anelli di ribbon boards lungo tutta la struttura dello stadio. Una soluzione “rubata” alle arene statunitensi, in particolare quelle della NHL. Uno strumento che permette al club di brandizzare l’intero stadio in un colpo solo o di creare effetti grafici (come in occasione dei gol) in grado di coinvolgere tutto il pubblico.

Anche il presidente del Real Madrid Florentino Perez si è rivolto a Daktronics quando è arrivato il momento di ragionare sul nuovo maxischermo da installare nel rinnovato Santiago Bernabeu. La soluzione? Uno spettacolare schermo a 360° che corre senza soluzione di continuità, sospeso dal tetto e che si sviluppa lungo l'intero perimetro del campo. Un’innovazione tecnologica che ha proiettato uno degli stadi più antichi d’Europa in una nuova dimensione. Una realtà vicina agli stadi che vedremo in occasione dei Mondiali 2026, in particolare il SoFi Stadium di Los Angeles. Un impianto in cui è stato installato Oculus, una struttura a 360° che sfrutta una serie di pannelli video a doppia faccia 4K HDR disposti in forma ovale e sospesi al soffitto sopra il campo.

Il problema dei replay

Quest’ultimo esempio ci porta alla nuova sfida nell’evoluzione dei maxischermi: qual è il miglior tipo di fruizione? Oggi le partite vengono proiettate sui maxischermi così da permettere allo spettatore di avere sempre cognizione di quello che sta accadendo in campo, arrivando al paradosso di chi va allo stadio per guardare la partita sullo schermo. Ma c’è un secondo paradosso ovvero che nonostante venga proiettata l'intera partita, non vengono riproposti i replay. In Premier League si è dibattuto sulla possibilità di proporre le immagini utilizzate al VAR per modificare una decisione arbitrale presa sul campo, soluzione che inizialmente aveva trovato dei consensi salvo poi essere accantonata. Stessa situazione in Serie A dove nel documento “Regolamento Produzioni Audiovisive” è scritto espressamente che sui maxischermi sono vietate grafiche televisive mentre i replay, azioni di gioco oppure situazioni VAR, sono sostituiti da delle grafiche apposite.

Nel mondo di oggi in cui la fruizione del calcio è immediata e disponibile su ogni tipo di dispositivo, è anacronistico che all’interno degli stadi non si possa godere di questa soluzione. A conti fatti, senza replay, viene meno quella che potrebbe essere la principale funzione dei maxischermi, ovvero offrire un supporto per rivedere un gol oppure un’azione di gioco. Così facendo, lo spettatore resta spaesato con l’emozione che ha provato in presa diretta. Dovrà affidarsi ad uno dei suoi device per recuperare le immagini e non sempre potrà farlo a partita in corso, rimandando quindi l’appuntamento all’uscita dallo stadio quando, pochi minuti dopo il triplice fischio, gli highlights saranno disponibili su qualsiasi piattaforma. La soluzione ovviamente non spetta alle squadre oppure alle aziende tecnologiche ma alle singole federazioni e leghe. Sta a loro rendere i maxischermi al passo con i tempi.