
La maglia dell'Hartberg è (ancora) quella con più sponsor al mondo Più di venti partner commerciali in un solo kit: come è possibile?
Servirebbe un’estensione speciale di AdBlock per riconoscere a prima vista la nuova divisa del TSV Hartberg, piccolo club della Bundesliga austriaca. O forse avrebbe più senso disattivarlo, perché è proprio il mosaico di partner commerciali presente sul kit da gara dell’Hartberg, su sfondo blu con inserti bianchi e three stripes adidas, ad aver catturato l'attenzione nelle ultime settimane. Già nella scorsa stagione l'Hartberg aveva fatto notizia per il suo kit, più simile ad una maglia da ciclismo che ad una maglia da calcio. Quest'anno però sono andati oltre, con ventitré sponsor in totale tra maglia (diciassette), pantaloncini (cinque) e calzettoni (uno), che per Footy Headlines rappresentano un nuovo record a livello professionistico.
Tra le tante patch è difficile non notarne una in particolare: la scritta #1 SPERMBOOSTER sul fronte, sopra la pancia, con tanto di disegno stilizzato di uno spermatozoo. A parte questo curioso dettaglio, il colpo d’occhio generale è quello di una walking billboard, o un completo da pilota NASCAR, come hanno scritto i detrattori sui social. Non tutti però la vedono allo stesso modo: c’è chi ne apprezza la non convenzionalità, guardando al contesto europeo soprattutto, e chi è più interessato alla strategia di marketing sottostante. Di sicuro è una scelta che ha destato curiosità e generato un’esposizione mediatica ben oltre il bacino d’utenza locale. In altri termini: una brillante operazione di marketing.
Dietro le quinte
La vicenda ha origine in un comune di 7000 abitanti della Stiria, Hartberg, dove la Bundesliga è atterrata per la prima volta nel 2018. Da allora la squadra di casa ci milita ininterrottamente, nonostante un budget stagionale stimato intorno ai 4 milioni di euro, il più basso del campionato. In questo arco di tempo sono arrivati un paio di buoni piazzamenti e altrettante salvezze all’ultima giornata, con una costante: il numero di sponsor, in continua crescita. La prima testimonianza, scendendo di una categoria, risale al 2017: nelle foto d’archivio si contano tredici loghi sulla maglia, ai tempi firmata Jako; cifra che poi sarebbe salita a diciotto nella stagione 2021/22, diciannove in quella scorsa e ventitré per la prossima. Di pari passo si è assistito a una continua e inevitabile semplificazione del design della maglia, fino all’attuale tinta unita.
Oltre al già citato #1 SPERMBOOSTER, spin-off del marchio di integratori per la fertilità Profertil, sul fronte della maglia sono incastonati i loghi di piccole e medie imprese locali (Egger Glas, Steiermark, Energie Styria, Boxxenstop, Ke Kelit) e di qualche multinazionale come Admiral, che è anche title sponsor della Bundesliga, e Thai Coco. Il costo di queste inserzioni, diversificato per porzioni, alcune con doppia esposizione, e per dimensioni, ad esempio Egger Glas è il main sponsor, è stimato in qualche decina di migliaia di euro ciascuno. Con un’apparente logica: più ce n'è, meglio è. E non si va troppo distanti dalla realtà. Da qualche anno infatti queste divise-mosaico garantiscono all’Hartberg una ventata di visibilità internazionale, ivi inclusi anche premi poco lusinghieri come "la peggior divisa del 2024" votata da Footy Headlines. Come si suol dire, soprattutto in quest’ambito: chi disprezza, compra.
Nel weekend del lancio, il 18 luglio scorso, le ricerche su Google si sono decuplicate, come confermano i dati Trends riportati da OneFootball e Yahoo Sports; allo stesso tempo i post del club hanno fatto il giro del mondo sui social, citati tra gli altri da Sport Bible, DAZN ed EuroFoot. Evidentemente si tratta di uno strappo alla regola per una realtà con numeri da provincia, tanto sul territorio visti i 3.000 spettatori circa di affluenza media per partita (penultima in Bundesliga) quanto in ambiente digitale con 17.000 follower su Instagram (cifra più bassa del campionato). E così la divisa dell’Hartberg è diventata un casus belli estetico e una prova plastica di come la forbice regolamentare - stringente o permissiva - possa influenzare l’aspetto delle divise da gioco. Lasciando margine, o meno, perché si trasformino in manifesti pubblicitari.
Cosa dice il regolamento?
Nelle Richtlinie für spielkleidung und ausrüstung (linee guida per abbigliamento ed equipaggiamento) della Bundesliga, l’articolo 4.1 recita: "Numero e posizione delle inserzioni pubblicitarie sono a libera discrezione dei club, con l’unico obbligo di mantenere leggibili numero e nome del calciatore". Nessun limite di loghi o di superficie occupata insomma, ed è questo il quadro normativo in cui si inseriscono l’Hartberg e i suoi ventitré sponsor. Il caso estremo, ma non l’unico: sette squadre austriache su dodici di prima divisione superano quota dieci sponsor, con l’AC Wolfsberger che ne esibisce tredici e l’Austria Vienna che ripete il claim Wien Holding in dieci posizioni diverse.
La scelta è consapevole. In una relazione economica del 2024 il direttore commerciale della Bundesliga, Bernhard Neuhold, aveva detto del modello austriaco: "Ampliare il ventaglio di partner locali riduce i rischi finanziari e garantisce opportunità ai club con un bacino ridotto". I dati lo confermano: in media le squadre austriache ricavano circa un quarto del proprio fatturato dalle sponsorizzazioni, cifra che per l’Hartberg si avvicina al 35%, come confermato da un portavoce del club (fonte: 90minuten.at). La logica ovviamente si presta soprattutto ai club meno facoltosi, e non per caso l’esempio più minimale è il ricco Red Bull Salzburg, che espone due soli loghi sulla divisa. Sono le punte di un sistema che, lasciando la porta aperta alla pubblicità, permette ad ogni club di disegnare la propria maglia e strategia commerciale, senza vincoli; l’espressione di un approccio in controtendenza nel panorama calcistico europeo, e più simile a quello di altre culture sportive.
Panoramica
Dalla Manica al Bosforo, le principali federazioni del vecchio continente, UEFA inclusa, esigono moderazione. In Inghilterra gli unici tre sponsor ammessi sulla maglia sono su petto, maniche e sotto al numero; l’Italia apre a quattro spazi, ma impone rigidi limiti di dimensioni, così come Germania, Spagna e Francia, che oscillano fra due e quattro. Il caso austriaco rappresenta dunque un’eccezione, ma cambiando latitudine le barriere si allentano e diversificano sensibilmente. In Brasile i regolamenti federali non fissano tetti: l’Operário PR arriva quasi a venti loghi, il Corinthians a dieci, l’Athletico Paranaense cambia partner e posizionamenti secondo la competizione. In Messico e Bolivia vale la stessa libertà, con Pachuca e Querétaro tra i quattordici e sedici, The Strongest e Club Bolivar tra i quindici e i venti. L’Argentina invece sta nel mezzo: clausola di massimo dieci sponsor sulla divisa, ma con possibili deroghe. Nel nord del continente, infine, la Major League Soccer segue un’altra strada: un front sponsor, più la patch unanime Apple TV su tutte le maniche.
Voltando verso oriente, anche in Asia si trova una certa eterogeneità regolamentare. La ISL, in India, ha norme abbastanza rigide e soli quattro slot; in Giappone la J-League pone un tetto di cinque-sei inserzioni, mentre la K-League in Corea del Sud sale a dieci e l’Indonesia a quindici; al contrario, la Chinese Super League si ferma a due, per non offuscare i brand di Stato. In Oceania, l’A-League australiana replica il modello europeo con tre loghi controllati, mentre in Africa si passa dal solo marchio frontale imposto in Ghana, ai tre-quattro permessi in Egitto, Sudafrica, Marocco e Algeria. Insomma, al di là del contesto basta una direttiva federale perché la divisa da gioco resti minimale o diventi una sorta di cartellone pubblicitario. Il caso dell'Hartberg è semplicemente l’estremità più colorata del mosaico.























































