«Hamšík e la cresta sono una cosa sola» - Intervista a Marek Hamšík Un viaggio nella visione di Marekiaro

Alcuni giocatori, inevitabilmente, lasciano un segno diverso rispetto ad altri. Ci sono calciatori che riescono ad ambientarsi in una realtà apparentemente e geograficamente distante in modo più agevole. Napoli, ad esempio, rappresenta perfettamente questo concetto: è una città e una piazza calcistica molto divisiva. La storia ne offre innumerevoli esempi: basti pensare a Dries Mertens, José María Callejón e, soprattutto, al caso più emblematico di tutti, Marek Hamšík, tutti calciatori che hanno tessuto un legame indissolubile con la città e con il suo popolo, protagonisti capaci di mostrare uno spirito che si è rivelato perfettamente in sintonia con quello dei napoletani. Ma, soprattutto, figure entrate di diritto nella "Hall of Fame” di un popolo perché non hanno mai tradito, in alcun modo, quella stessa gente che li ha amati.

La presenza di Marek Hamšík a Napoli si è sempre fatta sentire. È stato uno dei capitani più importanti della storia recente del club (dal 2014 al 2019, prima di lasciare in eredità la fascia a Lorenzo Insigne). Con i suoi 121 goal, ha superato persino Diego Armando Maradona in termini realizzativi. Ma il suo impatto non si limita al campo: Hamšík è riuscito a fondere la sua identità e la sua estetica personale con quella della città. Le braccia tatuate, l’iconico numero 17 - trasformato in un vero e proprio brand - e la sua inconfondibile cresta sono diventati simboli indelebili della sua era in maglia azzurra.

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T-shirt MAREK HAMSIK 17, trousers VIENMNSUONNO1926, shoes CAMPER.
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Sweater MAREK HAMSIK 17, jeans LEVI'S, shoes CAMPER, necklaces NOVE25

Per omaggiare il campione slovacco, nss ha realizzato, in collaborazione con Marek, una speciale collezione - disponibile sul nostro sito - nell’ambito di JAN2500, l’iniziativa di J’Adore Napoli dedicata a celebrare i 2500 anni di vita della città. La collezione richiama l’iconografia e l’eredità che Hamšík ha lasciato a Napoli e al mondo del calcio: dal suo iconico numero 17 alla sua inconfondibile cresta. Tra i capi proposti, spiccano due football jersey ispirate ad alcune delle maglie più memorabili indossate da Marekiaro, tra cui la celebre versione camouflage della stagione 2013/14. Ma non è tutto: la capsule comprende anche una polo, una canotta e una t-shirt, tutte pensate per celebrare l’immaginario e lo stile inconfondibile di Marek Hamšík. 

Marekiaro è stato anche uno dei tanti giocatori a vivere l’epoca d’oro di Aurelio De Laurentiis - chiamiamola così - quel periodo in cui il presidente del Napoli liberava la propria creatività, dando vita a maglie a dir poco eccentriche, dalla celebre versione camouflage a quella jeansata. Marek Hamšík è un giocatore perfettamente in linea con l’estetica nss, e per questo abbiamo deciso di intervistarlo, realizzando una nuova puntata del format editoriale firmato nss sports, Extratime

Come si è evoluto il tuo rapporto con la città di Napoli negli anni successivi alla tua carriera in maglia azzurra?

Quello che sarebbe stato negli anni il mio rapporto con la città di Napoli l’ho capito dal primo giorno in cui sono arrivato qui. Undici anni non si cancellano facilmente, ma soprattutto non ho mai avuto l’idea di cancellarli, bensì di integrarli nel personaggio di Marek Hamsik, che è ancora molto vivo. 

Nel restare così a lungo a Napoli, ha pesato di più l’ambientamento della tua famiglia o il rapporto quotidiano con la gente?

Dico sempre che la prima volta che vedi Napoli può non piacerti, ma la seconda volta in cui la vedi è quella che ti convince a rimanere e ad amarla. Nonostante io sia stato cresciuto ovviamente secondo i canoni di una cultura diversa e, per quanto se ne può dire, anche un po’ distante da quella italiana, la qualità di vita che offre questa città aiuta ad appiattire tutte le differenze culturali con altri posti del mondo. Soprattutto perché qui c’è una grande passione per il calcio, e ovviamente a un calciatore piace giocare dove questa passione si sente in maniera preponderante. Infatti, se non fosse mai arrivata l’offerta dalla Cina - che per me ha rappresentato una sfida davvero incredibile - sarei rimasto a Napoli per sempre.

La tua immagine è sempre stata importante, sia per te, sia per come i tifosi ti hanno percepito: Marek Hamsik sarebbe lo stesso senza la cresta e i tatuaggi?

Marek Hamsik e la cresta sono una cosa sola. La cresta è il mio portafortuna, ma è anche il mio passaporto. È un modo per arrivare anche all’estero, per sfondare con la mia immagine, per proporre qualcosa di eccentrico in altri paesi. I tatuaggi invece sono solo una mia passione e, anche se sembra assurdo, non ne ho ancora uno dedicato a Napoli. I miei figli sono invece i protagonisti principali dei tatuaggi: non solo ho tatuati i loro nomi, ma anche il numero della stanza dell’ospedale in cui sono nati. Sono nati tutti e tre nella stessa stanza, la 109.

A proposito di estetica e di “immagine”: dalla stagione 2013/14 in poi hai indossato maglie del Napoli davvero particolari, spesso frutto della creatività di De Laurentiis. Le versioni mimetiche, quella jeansata… Cosa hai pensato la prima volta che le hai viste nello spogliatoio?

Su questo sono sempre andato controtendenza. Ho letteralmente adorato quelle maglie e, per me, Aurelio De Laurentiis è stato un vero visionario. Se fossero uscite oggi, sono anche sicuro che non avrebbero suscitato lo stesso clamore, chiamiamolo così. Quelle che hai menzionato, per me, sono tutte incredibili.

Ti ricordi se ci fosse qualche compagno che si lamentava di doverle indossare? E non erano anche troppo attillate?

Sicuramente c’era qualcuno, non posso fare nomi però (ride, ndr.).

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Photographer Vincenzo Schioppa
Stylist Roberta Astarita 
MUAH Laura Fioretti 
Videomaker Vincenzo Di Maio 
Light Assistant Alex Cacciabue 
Digital Assistant Giuseppe Bifolco 
Stylist Assistant Federica Barone 
Interview Andrea Mascia 
Script voiceover Emanuele D’Angelo 
Special thanks to Palazzo BelvedereEnzo Brandi and Enzo Testa