
Clandestin, con Youri Djorkaeff «To live clandestinely, I want to live»
«Vivre clandestin, moi je veux vivre, dans ton regard sous ta lumière. Redevenir pour toi cet ange fragile, j'ai peur mais je veux vivre.» To live clandestinely, I want to live, in your gaze, under your light. To become again for you this fragile angel, I am scared, but I want to live».
Nel 2000, quando Youri Djorkaeff giocava nel Kaiserslautern - solo due anni dopo aver vinto la Coppa del Mondo con la nazionale francese e due anni prima del grande trionfo a Euro 2000 - ha pubblicato una canzone. Il titolo? Vivre dans ta lumière, che si traduce letteralmente in "Vivere nella tua luce." Una scelta insolita per un calciatore, vero? Soprattutto venticinque anni fa. Il titolo sembra fare riferimento alla vita dei calciatori: icone che devono abituarsi a vivere sotto i riflettori, non solo durante la carriera, ma per tutta la vita. La canzone, nelle strofe successive, cambia tema, ma si apre con la frase «Vivere clandestinamente, io voglio vivere», una sorta di premonizione degli ultimi anni della carriera calcistica di Djorkaeff.
Bolton, Blackburn e infine i MetroStars: il gran finale dopo una carriera trascorsa in Francia con Grenoble, Strasburgo, Monaco, Paris Saint-Germain e anche Inter Milano. Una vita clandestina, letteralmente, proprio come la descrive in Vivre dans ta lumière. «Quando esco, le uniche cose che porto con me sono la carta di credito e contanti, mio padre mi ha insegnato che dovrei averle sempre con me. Non porto mai documenti; sono davvero una persona clandestina.»
La vita di Youri Djorkaeff era cool già anni fa. Cercare un buen retiro nella MLS oggi è roba da ragazzi, ma nel 2004 era roba leggendaria. E diventa ancora più interessante se si aggiunge il fatto di aver giocato con i New York MetroStars, il primo club nella storia del calcio famoso a diventare più famoso per l’estetica all’avanguardia delle sue divise che per le prestazioni dimenticabili. «Quando sono arrivato a New York nel 2005, ho scoperto qualcosa che oggi sembra banale: i ragazzi indossavano solo sneakers e jeans. Ho visto quello stesso senso di “coolness” nelle maglie dei New York MetroStars.» New York fu un capitolo scritto nel copione della vita di Youri Djorkaeff.
«Quando avevo 12 anni avevo due sogni: vincere la Coppa del Mondo e vivere a New York. Ecco perché mi sono trasferito nella MLS. Andare a New York mi ha anche aiutato a stemperare la malinconia che arriva quando un calciatore termina la carriera. Mi ha aiutato a distrarmi, naturalmente, perché NYC è la città dove è più facile trovare motivazione. Il mio lusso supremo era fare un picnic a Central Park. Vivere a New York ha cambiato la mia vita in molti modi: ha modificato la mia percezione della moda e della cultura in generale. Ho fatto molte amicizie e sono sempre stato aperto a nuove esperienze e stimoli. Conosco ogni angolo di Manhattan; camminavo ogni giorno scoprendo posti nuovi. NYC era divertente, ma ora sono di nuovo parigino.»
Per questa intervista, abbiamo incontrato Youri Djorkaeff in un caffè a Parigi; si definisce cittadino del mondo e ci racconta come Parigi, MonteCarlo, New York, Milano, Londra e Manchester abbiano plasmato la sua identità. «A Parigi mi sento parigino, a Monte-Carlo mi sono sentito monegasco, a Milano milanese, a New York newyorkese e così via. Nella mia vita ho sempre dato importanza all’essere cittadino delle città, non solo di una città.» Non è un caso che le città in cui Djorkaeff ha vissuto - esclusa la Manchester della working class - abbiano un filo comune: sono alcuni dei principali hub del lusso al mondo. Djorkaeff non si sottrae al discorso quando gli chiediamo di approfondire la fase della sua vita dedicata in cui ha scoperto il concetto di lusso - quello cliché, delle supercar e supermodel (una fase spesso ricorrente nella vita dei calciatori). E come non fare riferimento alla Francia del ’98 e del 2000?
«Facevamo parte della prima generazione di calciatori pronti a comparire sui cartelloni pubblicitari, i primi a essere glamourizzati e a partecipare a campagne di moda. Avevo firmato un contratto con Lotto; il marchio ha visto il potenziale perché il contratto arrivò esattamente nel 1998, l’anno in cui vincemmo la Coppa del Mondo, che si svolse in Francia. Ma la cosa più incredibile è che eravamo superstar sia dentro che fuori dal campo; lasciate che vi spieghi. Lo eravamo nel gestire tutte le pressioni e le ansie provenienti dall’esterno, che coinvolgevano anche momenti fuori dal campo. È qualcosa che non si può spiegare; eravamo davvero la prima generazione di atleti a guidare supercar per andare al centro di allenamento; eravamo la prima generazione di atleti a frequentare supermodelle. Fabien Barthez usciva con Linda Evangelista, Christian Karembeu era con Adriana Sklenarikova. Eravamo cool e lo sapevamo.»
A 60 anni, la vita di Djorkaeff continua con lo stesso ritmo di quando era calciatore, anche se con passioni completamente diverse. Ma il suo amore per la musica non è svanito, la stessa passione che lo ha portato a pubblicare Vivre dans ta lumière, un brano hip-hop che prefigurava la vita che avrebbe avuto dopo aver lasciato i grandi campionati europei, con i due più grandi trofei per squadre nazionali aggiunti alla sua collezione e una carriera calcistica che sarebbe diventata più semplice in termini di status dei club futuri, come Kaiserslautern, Bolton e New York MetroStars. «Oggi sto cercando di imparare a fare il produttore, è il mio obiettivo più grande. Sono amico di Swizz Beatz, ci siamo incontrati negli Stati Uniti, e abbiamo alcuni progetti insieme che arriveranno in futuro…»
L'intervista a Youri Djorkaeff è contenuta all'interno de Les Vêtements de Football – The Golden Age of Football Jerseys, disponibile per l’acquisto a questo link.































































