From bedrooms to archives L'intervista di nss sports a Doug Bierton, fondatore di Classic Football Shirts

Dukinfield, Greater Manchester. Neve, temperature sotto zero. Un grande cartello si erge sopra il tetto di un enorme magazzino: è la sede di Classic Football Shirts. Chi avrebbe mai immaginato che un sogno nato tra le mura di una stanza universitaria – o almeno così raccontano spesso i fondatori Doug Bierton e Matthew Dale – si sarebbe trasformato in una macchina perfetta, un sistema pienamente funzionante con 250 dipendenti oggi?

Berbatov, Beckham, Lampard, Drogba. È bastato poco per rimanere stupiti di fronte ai font della Premier League, perfettamente impilati uno sopra l’altro in un’area dedicata, meticolosamente organizzata per stagione calcistica. È bastato un attimo per immergersi nei tesori esposti nel Vault, un caveau (reale) separato dalle altre aree della sede. Quelle in cui si svolgono i vari processi, dalla spedizione al controllo qualità e al lavaggio, dove sono conservate migliaia di maglie indossate in partita. Chi avrebbe mai immaginato di poter toccare almeno cinque maglie indossate da Thierry Henry, inclusa la versione Highbury della stagione 2005/06, in cui il talento francese usava tagliare il doppio strato per sentirsi più comodo? Classic Football Shirts è un paradiso per i collezionisti. Ma è anche un’azienda che genera milioni ogni anno: il fatturato di Classic Football Shirts è aumentato del 25,6%, raggiungendo le 24,47 milioni di sterline nell’anno conclusosi il 30 giugno 2023.

Abbiamo avuto l’opportunità di scambiare qualche parola con Doug Bierton, fondatore della destinazione numero uno al mondo per gli appassionati di maglie retrò (e non solo), riflettendo su quella che è stata – e continua a essere – un’epoca storicamente cruciale per le maglie da calcio, destinata a espandersi esponenzialmente con l’entusiasmo per i Mondiali 2026 negli Stati Uniti.

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«L’unica vera sfida è semplicemente avere più maglie. In fondo, ci chiamiamo Classic Football Shirts, no?» Inizia così la conversazione Doug Bierton, con naturalezza. «È il mio lavoro, e così rimane. A casa, a parte le maglie che uso per fare sport, non conservo più nulla. È tutto qui (nella sede di Classic Football Shirts, ndr). È una filosofia che mi ha aiutato anche nella vita quotidiana, con i vestiti in generale. Non colleziono più; compro solo ciò di cui ho bisogno

Da questo primo scambio, sembra che Doug abbia perso quel lato emotivo che generalmente caratterizza il collezionismo. Eppure si dice spesso che la nostalgia è qualcosa da cui è difficile distaccarsi, soprattutto quando si parla di calcio. Ma la nostalgia è quasi un asset fondamentale per lo sport che, a dirla tutta, aiuta a vendere più maglie. E qui, Doug smentisce le prime impressioni, confermando che la nostalgia è essenziale nel suo lavoro quotidiano. «Le maglie sono un modo per toccare il passato, questo dice il mio cuore. Ma, come uomo d’affari, so che devo guardare al futuro. E parlando di futuro, è importante riflettere su come sia cambiata la clientela di Classic Football Shirts, e quindi anche il mercato delle maglie.»

La fortuna e lo status di un’azienda come Classic Football Shirts le permettono di non preoccuparsi troppo quando un mercato subisce cambiamenti drastici, come è successo negli ultimi anni nel settore delle maglie da calcio. Questo significa che CFS ha un livello di consapevolezza superiore e sa di non dover adattarsi a nulla: non è necessario studiare alla perfezione un nuovo target, perché sa che venderà comunque il proprio stock. In fondo, chiunque voglia una maglia sa di dover visitare il sito di Classic Football Shirts.

«Infatti, quando si tratta di acquistare maglie, non guardiamo mai alle tendenze. Non ci interessa essere la destinazione per le maglie più alla moda del momento; vogliamo essere il punto di riferimento per gli appassionati di maglie da calcio. Per esempio, da quando adidas ha lanciato le terze maglie con il Trefoil alla fine della stagione 2023/24, quelle sono state le più richieste e, di conseguenza, ne abbiamo distribuite molte. Siamo un’azienda, e vogliamo aumentare i ricavi. È semplice: fenomeni culturali come il blokecore non hanno cambiato per niente il nostro approccio, né alterato le dinamiche quotidiane. Sicuramente hanno aiutato ad attrarre un pubblico più giovane, con i nostri acquirenti che oggi hanno prevalentemente tra i 18 e i 24 anni, ma il nostro lavoro non è cambiato di una virgola.»

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Le parole di Doug delineano chiaramente l’identità dell’azienda: niente fronzoli, solo sostanza, come dimostra la rapida evoluzione di Classic Football Shirts nello spazio phygital. Oggi, oltre a essere la destinazione online preferita per i collezionisti di maglie da calcio, CFS vanta negozi a Manchester, Londra e tre negli Stati Uniti, a New York, Los Angeles e Miami. «Il Regno Unito è il nostro mercato principale, rappresenta circa il 30%. Gli Stati Uniti, invece, sono il mercato in più rapida crescita anno dopo anno e presto supereranno il Regno Unito, soprattutto con i Mondiali 2026 in arrivo negli Stati Uniti, Canada e Messico, che rappresentano un’enorme opportunità. Al terzo posto c’è la Corea del Sud, seguita da Australia e Germania.»

Mentre parliamo, Doug ci accompagna all’interno del Vault, accarezzando con attenzione la maglia dello Sporting Lisbona di Cristiano Ronaldo (ci eravamo quasi dimenticati della CR28), l’ultima indossata in partita con il club portoghese, rivelando incredibili retroscena e aneddoti su ognuna di queste maglie. Dopo aver trascorso un’intera mattinata tra quelle mura che custodiscono una certa magia, Doug ci accompagna al taxi, diretto verso il centro di Manchester, dove abbiamo visitato il negozio di Classic Football Shirts. In quel momento, ci ha lasciato un ultimo pensiero, riflettendo sui Mondiali del 2026. «Non vedo l’ora che arrivino i Mondiali 2026. Sarà come avere un Super Bowl ogni giorno, il calcio sta per diventare il terzo sport nazionale negli Stati Uniti. Voglio che le maglie da calcio diventino souvenir, proprio come i cappellini NFL e le canotte NBA: in fondo, sono pur sempre un uomo d’affari…».

Special Thanks: Doug Bierton, Elliott Woodthorpe

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