L'incredibile storia del legacy cap della Nazionale inglese Da quando è cambiato il regolamento spetterebbe a quasi 1300 giocatori

Il 6 settembre, pochi istanti dopo la sofferta vittoria per 2-0 della Nazionale inglese contro Andorra nel match di qualificazione per il Mondiale 2026, il CT Thomas Tuchel ha consegnato all’ultimo esordiente con la maglia dei Three Lions, Elliot Anderson, un singolare cappellino rosso. Si tratta del cosiddetto legacy cap, che corrisponde al legacy number assegnato a ogni giocatore della Nazionale inglese al momento del debutto. Ogni calciatore della Nazionale ha infatti un proprio numero progressivo: il primo della lista è il portiere Robert Barker, che esordì nel 1872 (primo giocatore in assoluto della storia della Nazionale inglese). Harry Kane, miglior marcatore di sempre, ha il numero 1207, mentre l’ultimo della serie, almeno fino a ora, è proprio Elliot Anderson — a meno che, nella serata del 9 settembre contro la Serbia, non faccia il suo debutto un altro esordiente.

I legacy number sono stati introdotti dalla Football Association soltanto nel 2019, in occasione della millesima partita della Nazionale, e sono diventati anche parte di una sorta di archivio digitale curato dalla FA. La tradizione del cappellino, invece, risale al 2020, poco prima dell’Europeo: da allora ogni nuovo esordiente riceve il proprio legacy cap. La prima consegna ufficiale avvenne nel giugno 2021, durante un raduno a St George’s Park. Sorge però spontanea la domanda: che ne è dei calciatori che avevano già esordito prima dell’introduzione di questa regola? Dal marzo 2025, la FA ha stabilito che anche gli ex giocatori - e, nel caso fossero scomparsi, i loro familiari - debbano ricevere il proprio legacy cap. Un oggetto che ha il compito di incapsulare la memoria collettiva di un paese intero e dei suoi appassionati. Diverse famiglie di leggende del passato hanno già ricevuto il cappellino in memoria, come i parenti di Tommy Lawton o di Duncan Edwards, quest’ultimo una delle vittime della tragedia di Monaco del 1958.

Nel 2022, in occasione del 50º anniversario della Nazionale femminile, anche le Lionesses hanno ricevuto i propri cappellini numerati: la n. 1 è Sue Buckett, portiera che giocò nel 1972. Alcuni giocatori, come Jordan Henderson, hanno dichiarato che ricevere il legacy cap è stato persino più emozionante che sollevare un trofeo, perché rappresenta un legame diretto con la storia della Nazionale. C’è poi chi, come Harry Kane, ha scelto addirittura di tatuarsi il proprio legacy number.

Estetica ed uso dei legacy cap

Ma come sono fatti i legacy cap? Innanzitutto, il materiale è il velluto; il colore è il rosso fin da quando sono stati reintrodotti, e si distinguono per una visiera rigida sulla quale compare il legacy number del giocatore a cui appartengono. Una corda bianca che percorre l’intero cappello lo divide in sei parti, trasformandolo di fatto in un six panel, completato da una nappa anch’essa bianca. I primi legacy cap, risalenti al XIX secolo, erano invece di colore blu. È inutile dire che la rinascita di questo oggetto ne ha favorito una grande popolarizzazione, che ne ha esteso l’uso anche oltre il contesto calcistico. Un esempio è lo speciale legacy cap realizzato dall’azienda Toye, Kenning & Spencer per il concerto di Dua Lipa tenutosi a Wembley il 21 giugno 2025.