Jordan a Parigi ha definito il concetto di culture
Con un'evento alla vigilia dei Giochi Olimpici il brand ha celebrato la propria community
30 Luglio 2024
In città come Parigi, in cui le tradizioni e l'identità si frammentano in base ai gruppi etnici che si stanziano nelle diverse aree urbane, approfondire il mosaico culturale che le compone è stimolante, e aiuta a capire quanto singoli luoghi possano diventare simboli di appartenenza, di omologazione e identificazione. Nel XVIII arrondissment di Parigi, conosciuto come Barbès, per anni uno di questi simboli era il magazzino Tati Barbès, considerato per decenni il fulcro dello streetwear parigino e fondato nel 1948 da Jules Ouaki, giovane immigrato tunisino - etnia tra le più presenti nella zona. Dopo la chiusura nel 2020, il quartiere ha perso un punto di riferimento, prima dell'arrivo di District 23, una programmazione di eventi pensata da Jordan Brand che ha avuto come sede proprio l'ex magazzino, trasformato nella casa della community del brand.
Seguendo un approccio che spesso ha distinto i propri progetti, Jordan ha rivisitato il nuovo spazio, al servizio della comunità proprio come è accaduto nei decenni precedenti. Alla vigilia di una manifestazione che sta puntando gli occhi su Parigi, era fondamentale raccontare ciò che rappresenta la città per le minoranze che la abitano, approfondendo le tradizioni attraverso icone mondiali come Michael Jordan, capace di unire attraverso la propria aura e lo stile del brand. A Barbès l'artista Youssouf Fofana ha quindi creato uno spazio in cui era è stato possibile rivivere tutto questo, partendo dalla mostra Diaspora Renaissance, curata in collaborazione con Easy Otabor della Anthony Gallery di Chicago e alla quale hanno partecipato 23 artisti contemporanei. Per sei settimane, tra mostre, workshop e un caffè in stile parigino, Jordan ha affrontato il concetto di culture, partendo dai pilastri sui quali si fonda, lo stile, la community e la legacy delle figure che continuano a definirne i contorni, dagli atleti ai creativi.
La capacità di Jordan Brand è sempre stata quella di ispirare le generazioni, prima con le gesta di MJ, poi attraverso le campagne e i progetti. In un quartiere in cui la gente è da sempre stata obbligata a doversi guadagnare ciò che aveva attraverso il talento e le sfide, prima che iniziassero le gare dei Giochi Olimpici, è andato in scena "The One", torneo in cui si sono sfidati in 1vs1 20 giocatori e giocatrici di basket, con la possibilità di entrare a far parte della Jordan Brand family come ambassador. Liberare la grandezza che è in ciascuno di noi è una delle missioni del brand, così come quella di ispirare le nuove generazione ad alzarsi e a prendere il proprio posto. Così in un palcoscenico mondiale, dopo le qualificazioni andate in scena a Shanghai, Los Angeles, New York, Parigi e in molte altre città del mondo, è stato decretato il vincitore maschile e femminile in occasione di un torneo che ha assunto poi la forma di una festa, con performer della danza e della musica come Rema e Fat Joe. Alcune delle figure che hanno definito la culture erano presenti nel playground, tra queste le star NBA Chris Paul e Zion Williamson, ma anche il premio Oscar Spike Lee, amico storico di Michael Jordan che in un'intervista rilasciata a nss sports ha raccontato del suo rapporto con il brand e degli atleti attuali su cui vorrebbe realizzare un film.
@nsssports We were in Paris last friday for the final of The One, the @jumpman23 tournament that decrees the best 1v1 basketball player in the world. Among the guests was Spike Lee, film and culture legend, Acqdemy Award winner and friend of MJ and Nike. We asked him a few questions about what Michael Jordan's legacy means to him and stories about sportsmen he would like to film in the future. #TheOneFinals #spikelee #spikeleejoint #film #filmdirector #jumpman #jumpman23 suono originale - nss sports
Jordan ha radunato a Parigi tutta la sua community, arrivata da ogni parte del mondo, per vedere da vicino le nuove collezioni - e provarle in una training session speciale come nel caso delle Air Jordan XXXIX - e per sentire l'energia di quella che nel brand chiamano (e così anche lo stesso Spike Lee) Famiglia Jordan.
Il torneo, ispirato alle sfide in cortile di MJ con il fratello Larry, è immagine dell'incessante ricerca della vittoria di Michael, un'ossessione condivisa anche con Nike, che ha voluto dedicare alla sua minuziosa ricerca per l'innovazione la propria opera monumentale nel cuore di Parigi. Sulla facciata del Centre Pompidou lo Swoosh ha infatti allestito il più grande ledwall al mondo, anticipazione della mostra "Art of Victory" (aperta fino all'11 agosto) allestita proprio all'interno del museo parigino per raccontare il progetto A.I.R.: Athlete Imagined Revolution. Se proprio il Centre Pompidou aveva ispirato Tinker Hatfield nella realizzazione della prima AirMax, all'interno del museo il brand espone prototipi frutto dell'immaginazione di 13 atleti, invitati da Nike a ridefinire insieme il processo creativo, superando i limiti delle prestazioni umane partendo dal proprio stile e caratteristiche fisiche e tecniche.
La 14enne di Los Angeles Tatianna Griffin e Steve Bah, 17enne di Parigi, non hanno solo vinto la finale "The One" di Parigi, ma hanno incarnato lo stile di Jordan, mostrando quell'idea di andare oltre i propri limiti, sopra un'asticella di grandezza che per tutti gli atleti ha il nome di Michael Jordan. La somma di coinvolgimento artistico, inclusione, condivisione ed energia ha regalato a Parigi un momento in cui il concetto di community ha così assunto confini più definiti, in cui lo spirito di appartenenza, a un distretto o ai valori di un brand, sono ciò che può farci saltare più in alto, e poi ancora di più.