
Inside On - Come il brand svizzero sta cambiando il running
Un viaggio attraverso i segreti di On, da Zurigo a St.Moritz
23 Maggio 2025
Andrea Mascia
Ricordo ancora distintamente la prima volta che ho davvero incontrato il nome di On. Era in piena pandemia in un video Youtube di CNBC inserito dentro una catena praticamente infinita di binge watching compulsivo dettato dalla immobilità forzata, nel quale l’ex ironman svizzero e due volte campione del mondo di Triathlon Olivier Bernhard spiegava come una start up nata a Zurigo inzieme a Caspar Coppetti e David Allemann era diventata rapidamente una società da 7.5 miliardi di dollari. A guardarlo ora è proprio un prodotto dei suoi tempi, con un collegamento sgranato dal bianco ufficio di Bernhard e il racconto delle origini del brand da un tubo da irrigazione alle prime fiere di settore. Sono andato a controllare nella mia cronologia YouTube, era il Dicembre 2021, quando il running era quasi più una copertura per uscire di casa e l’attrezzatura tecnica un travestimento per sfuggire alle restrizioni. Ora a quasi quattro anni di distanza il running è diventato una delle pratiche sociali più diffuse del periodo post pandemico, uno stile di vita più che uno sport o un semplice passatempo.
È un network sociale, una ribellione alla sedentarietà quotidiana che ha reso prima le mani, e ora i pollici, i nostri strumenti di lavoro. E On non ha saputo solamente intercettare questo cambiamento, lo ha modellato e interpretato, inserendosi nel panorama sportswear con quell’attitudine che è propria solo dei rivoluzionari. E mentre molti suoi competitor fanno grande difficoltà nel chiudere in pareggio un quadrimestre, Il brand svizzero conosce solamente il segno più davanti ogni numero. Nel primo trimestre del 2025 ha fatto segnare un utile di 726,6 milioni di franchi svizzeri, con un aumento del 43% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. On ha anche rivisto al rialzo l'obiettivo di fatturato previsto per l'anno finanziario in corso a 2,86 miliardi di franchi svizzeri, in un aumento del 28% rispetto al totale del 2024. Per scoprire i segreti di un successo allo stesso tempo inatteso e previsto ho preso il treno che ogni mattina attraversa il confine tra Italia e Svizzera per andare direttamente nel cuore operativo di On, nell’area industriale di Zurigo, dove sorge l’Headquarter del brand.
Negli ultimi anni On ha smesso di essere un culto segreto, un passaparola sussurrato, un if you know you know, un laboratorio artigianale svizzero per diventare la nuova rivoluzione nel panorama sportivo. Persino Zendaya è andata nello spazio insieme a loro in una missione più riuscita di quella di Katy Perry. Ora On è una vera e propria potenza sia nella performance che nel lifestyle. Più che cogliere lo Zeitgeist, On ha stabilito le proprie regole, un'idea di vita o di morte che sottolinea l'intero lavoro dell'azienda. Gli indizi sono evidenti immediatamente dopo aver varcato l'ingresso della sede di Zurigo, un palazzo da 17 piani inaugurato nel 2022. Questo monolite brutalista in cemento in stile new nordic ricorda costantemente la visione, l'ambizione e l'utopia che hanno alimentato questa inarrestabile crescita. Non c'è infatti nessun ingresso, nessuna targa o emblema, nessun maggiordomo a darti il benvenuto. Lo spazio principale al piano terra è una gigantesca caffetteia dove le finestre a doppia altezza illuminano di una luce tersa i banconi in acciaio delle cucine.
È il Roots Restaurant, un ristorante plant based che condivide lo stesso modo di pensare di On e che getta le radici per il resto dei piani di On Labs. Ecco quindi che i primi tre piani sono denominati Terra, i successivi tre Foresta, poi Lago, Montagna e infine Cielo. Si sale e si scende da un unico sentiero, come scalare una montagna di cemento ruvido. Uno sviluppo verticale dove il rapporto tra uomo e natura è costantemente messo in gioco e problematizzato, diventando la tensione che modella gli spazi come se fossero una galleria d’arte. “Proviamo sempre a reinterpretare la natura attraverso il gesto umano” ci spiegano mentre scendiamo la scenografica scala elicoidale che collega i vari livelli della struttura. Exhibit di questa filosofia: una fioriera creata da singoli portavasi a terra, un pino di montagna mummificato sospeso sopra una sala conferenza, un divano stampato in 3D come un prato di collina, un perfetto rettangolo di rocce e sassi trasportati direttamente dalle Alpi Svizzere.
È facile intuire la diretta corrispondenza tra il luogo di lavoro e l’identità del brand, entrambi devoti alla continua ricerca tra performance e design. Uno spazio nel quale i vuoti significano più dei pieni, una sinonimia fisica della suola brevettata da On - CloudTec - dove i negativi reggono l’architettura della scarpa, e che è costruito per creare connessioni inaspettate. Ogni livello infatti, formato da tre piani, è disegnato con il piano intermedio destinato alle attività di gruppo, dalle riunioni alla pausa pranzo, spingendo così i dipendenti a scendere o a salire le scale centrali per incontrarsi o qualche volta scontrarsi. Da On infatti si cammina molto, un’ovvietà per un brand di scarpe, ma lo si fa sempre per andare da qualche parte. Non a caso ci sono carte geografiche, mappe e persino una scultura modellata da centinaia di percorsi Strava: anche questa in effetti potrebbe essere un’altra metafora che spiega bene i risultati del brand. Viene infatti da chiedersi come si lavori da On, tra un divano di design italiano e un sala meeting dentro una serra, quali siano i segreti nascosti dalle pareti scorrevoli che trasformano una libreria in un salotto tutto in blu, che tipo di work-life balance si possa tenere quando nelle pause pranzo si prendono le sneakers da una gigantesca scarpiera comune e si va a correre fino al fiume vicino. E soprattutto outperformando ogni altro brand sportivo nel medesimo tempo.
“Abbiamo un sistema di produzione in-house che ci permette di realizzare prototipi molto velocemente e di testarli immediatamente per capire cosa funziona e cosa no. La nostra strategia è fallire presto e spesso, così da imparare più cose possibili” ci racconta Jaime Garcia Romo, Footwear Product Manager di On, mentre siamo seduti sui divani sui quali Roger Federer annunciò il suo ritiro dal tennis professionistico. Una filiera brevissima, compresa nello spazio di pochi piani, in cui ogni passaggio avviene organicamente in-house per poi raggiungere il mondo. Romo è convinto che una buona scarpa da running si realizzi attraverso un processo collettivo, che tenga conto dei feedback di ogni attore in causa, dall’atleta professionista fino al commesso dello store al piano zero dell’edificio, fino al consumatore. Anche il suo ultimo progetto, la rivoluzionaria tecnologia LightSpray™, nasce dalla trasformazione delle pratiche della natura in quelle dell’uomo. Una ragnatela gettata su modello in un'unica sessione da un braccio meccanico custodito negli On Labs di Zurigo che crea una delle tomaie più leggere mai esistite. La natura cooperativa di On si riflette anche nelle scelte che hanno portato cinque anni fa alla formazione dell’On Athletics Club, o OAC per chi ci corre, il gruppo di atleti sponsorizzati dal brand svizzero specializzati nelle medie e lunghe distanze.
Per incontrarli dobbiamo prendere un altro treno, quello che collega Zurigo con la località montana più esclusiva e glamour delle Alpi: Saint Moritz. Dove il jet set si riunisce ogni inverno per sciare e far festa, fuori stagione diventa il regno dei distance runner che si preparano all’inizio del loro calendario di gare sfruttando la sua altura e tranquillità. L’On Athletics Club nasce inizialmente a Boulder, Colorado, ma negli ultimi anni si è espanso anche in Europa e in Oceania, con gruppi di atleti sempre più larghi e riconoscibili. Le bodysuit in colori squillanti dal verde smeraldo al giallo ocra con pattern geometrici e digitali sono diventate abituali presenze sulle piste arancio in giro per il mondo, creando un club esclusivo di atleti e atlete unito dal logo riflettente di On. Il gruppo più cool e veloce del circuito, pronto a distinguersi per risultati e look. Tra i 15 atleti ora riuniti a Saint Moritz ci sono anche due atleti italiani, Ludovica Cavalli e Federico Riva, che mi raccontano come atterrare sul pianeta On ha cambiato il loro approccio al training, in attesa che inizi finalmente la loro stagione con appuntamento il Golden Gala di Roma previsto per il 6 Giugno.
"Sono sincera, quando ho parlato con il mio manager dopo i Giochi Olimpici di Parigi la prima cosa che ho detto è stata che avrei lasciato il mio vecchio sponsor solo se ci fosse stata una proposta da On" mi racconta Ludovica Cavalli, l'ultima arrivata nel team europeo di AOC. "On è un marchio nuovo, fatto di ragazzi giovani, e mi piace come lavorano. Come sono entrati a gamba tesa in un mondo pieno di vecchi sponsor con un gran lavoro, molto rigoroso. Il gruppo di On Athletics Club è così grande, così perfetto, curato nei minimi dettagli. E ci sono ragazzi così forti da tutta Europa che è quasi un onore più che una scelta farne parte". La sana competizione che si respira nella squadra è quella che spinge tutti a migliorarsi, e ogni atleta è stato scelto non solo per la sua forza in pista ma anche per come sa stare e lavorare nel gruppo che condivide per settimane. La runner britannica Revee Walcott-Nolan mi spiegherà poi come la squadra sia molto unita e che, oltre alla competizione in pista, tutti si sostengono a vicenda. Il ruolo sociale è preso molto sul serio anche tra gli atleti di On, non solamente da chi ci lavora.

Nella palestra allestita con vista sulle montagne dell’Engadina, il rumore ritmico degli appoggi rimbomba come una pioggia estiva. Una serie di tapis roulant scorrono veloci sotto le suole di gomma, che rimbalzano leggere e ritmate l’una accanto all’altra. Quando entro nella sala principale un gruppo si prepara mentre il secondo già si sta riscaldando. L’aria è fresca e pungente, rarefatta quanto basta per migliorare la resistenza aerobica, il clima è quello rilassato da viaggio scolastico nonostante l’impegno nella preparazione è teso al massimo. il coach Thomas Dreissigacker gira tra gli atleti, gli ascolta e gli incita, ma si ritaglia del tempo per rispondere a qualche domanda riguardo la metodologia di preparazione e come il sistema dei feedback può migliorare sia il lavoro dell'atleta che quello dell'allenatore. "Si impara davvero ogni giorno. Si impara da ogni atleta perché ognuno è diverso, ogni atleta è un individuo. Quindi non è che hai un modello unico da usare per tutti. Ogni giorno, con ogni atleta impari alcune cose diverse e poi le usiper migliorare, per capire meglio l'atleta e per ottenere il meglio da lui". Nel pomeriggio si spostano tutti sulla pista all’aperto che lambisce il lago, prima di dividersi nelle rispettive attività. C’è chi deve mettere più fondo con un giro lungo a ritmo basso, c’è chi invece deve allenare potenza e forza con varie ripetute.
Seguire i runner sul loro terreno preferito, mentre galleggiano sulla terra battuta resa umida dalla pioggia che scende leggera, mi riporta dentro gli uffici di On esplorati solo qualche ora prima. Lì il trionfo dell'ingegno umano, la sua applicazione tecnica, qui intorno a me invece la perfezione della natura, la geometria aurea dell’evoluzione. In mezzo c’è il lavoro continuo di chi trasforma il naturale in umano e il tecnico in organico, quella seconda natura che On ha reso la sua filosofia di creazione. Nello spazio che intercorre tra idea e azione ecco il gesto più semplice e primordiale, quello che ha diviso l’uomo dai suoi predecessori, mettere un passo dopo l’altro il più velocemente ed efficientemente possibile. Non è un caso che On sia riuscito a creare un brand così vincente in così poco tempo proprio sulla corsa, attraverso le stesse cause che l’hanno resa indispensabile nella scala evolutiva. Il bisogno di connessioni dirette, la circolarità delle risorse utilizzate, il movimento come propriocezione del sé, lo spazio come diretta relazione del tempo, colmare la distanza che separa la terra dal cielo. A volte il più semplice dei processi può portare al più sorprendente dei risultati.