Bienvenue à La Cipale Visita al leggendario velodromo che ha ospitato il Tour de France

La morte, le tasse, gli arrivi del Tour de France sugli Champs-Élysées: sembra che sia così da sempre, anche a chi guarda ciclismo da una vita. E in effetti a parte il 2024, in cui i lavori per i Giochi Olimpici hanno dirottato l'ultima tappa in Costa Azzurra, è dal 1974 che la Grande Boucle si conclude nel cuore di Parigi. Non è sempre stato così, però. In precedenza per più di sessant’anni il traguardo era sulla pista del Parco dei Principi, dal 1905 fino al 1968, quando lo stadio originale fu demolito, per avviarne la ricostruzione. Nella manciata d’anni di mezzo, l’onore toccò invece a La Cipale, l’odierno Vélodrome Jacques Anquetil.

Sconosciuta o quasi all’infuori dell’Île-de-France, questa struttura ultracentenaria si trova nel dodicesimo arrondissement, a sud-est di Parigi, immersa nel verde dei Bois de Vincennes. Un anello in cemento di 500 metri su cui si affacciano due tribune in ferro battuto, di gusto squisitamente Belle Époque, con file di panche e gradoni che un tempo potevano ospitare fino a 30.000 spettatori. È un vero e proprio luogo di culto per i pistard francesi, che custodisce storie e momenti di Sport con la s maiuscola, e che di recente è stato anche l’ambientazione di un paio di film, "Vento di primavera" e "La chiave di Sara". Ciò nonostante, si mostra in abiti spogli e fatiscenti, dimenticata dal tempo, al contrario di chi, per fortuna, ne ha tenuta viva la memoria.

Un tempio delle due ruote

L’apertura al pubblico de La Cipale, contrazione di Vélodrome Municipal per la proprietà comunale dell’impianto, risale al 1896, in occasione di Expo 1889 e in piena età dell’oro dei velodromi. Sin dalla nascita fu un punto di riferimento sulla scena sportiva cittadina, e non solo: nel 1900 vennero inaugurate qui le seconde Olimpiadi moderne, con gare di sei discipline diverse; e quando i cinque cerchi fecero ritorno nel ‘24, era ormai un tempio del ciclismo su pista, conosciuto un po’ ovunque grazie a gare di prestigio internazionale come il Grand Prix de Paris.

Mezzo secolo più tardi, fatto di alti e bassi, soprattutto nel periodo bellico in cui fu sede di dimostrazioni ginniche e ritrovi studenteschi, diventò invece, con l’arrivo del Tour de France, il teatro del trionfo di Eddy Merckx. Le cinque maglie gialle conquistate dal Cannibale tra il ‘69 e il ‘74 si celebrarono proprio davanti alla folla sempre numerosa de La Cipale; tra l’altro, curiosità della sorte, il belga eguagliò proprio qui il precedente record di Jacques Anquetil, cui nel 1987 verrà dedicato il velodromo.

Ecco perché gli storiografi dello sport, oltre alla comunità locale, ci sono così affezionati; e più di tutti, i membri del Paris Cyclisme Olympique e del Vélo Club des Vétérans Parisiens, che abitano il centro e ne custodiscono il patrimonio sportivo e culturale da oltre un secolo. In questo lungo arco di tempo il centro ha conosciuto stati di salute agli antipodi: grandi vetrine alternate a periodi di abbandono, anche prolungato, soprattutto dopo il trasferimento delle principali gare nella vicina arena di Bercy, allineata agli standard olimpici: al coperto, con pista in legno di 250 metri. Complice il degrado del cemento, esposto agli agenti atmosferici, si è sfiorata così la definitiva chiusura dei battenti, in più di un’occasione. Non ultima, la fallimentare ristrutturazione del decennio scorso, protratta per tempi biblici (oltre tre anni) e poco utile, a detta di chi ha testato personalmente la pista, per la risoluzione dei problemi.

Visitando oggi l’impianto, è difficile immaginare il luccicante palcoscenico che fu. Il fascino del luogo è intatto, ma porta chiaramente i segni del tempo: aree dismesse, vegetazione che avanza, crepe qua e là, chiazze di muffa, una generale carenza di manutenzione. Nei prossimi mesi, però, è in programma un’imponente operazione di restauro, che darà finalmente una nuova vita e un futuro alla struttura. La notizia è recente, dello scorso novembre. Grazie agli 1.2 milioni di euro stanziati da Conseil de Paris, Fondation du Patrimoine e Française des Jeux (FDJ), l’impegno per tenere in vita questa reliquia verrà finalmente premiato. Il cantiere partirà nei prossimi primi mesi, come anticipato dal quotidiano Le Parisien, che ne ha sottolineato l’obiettivo: ammodernare la struttura, ma senza modificarne gli elementi distintivi e i tratti architettonici.

Bienvenue à La Cipale

Ora che dietro la decadenza del velodromo non si cela più lo spettro dell’estinzione, abbiamo pensato che fosse il momento giusto per una visita. Ad accoglierci nel centro abbiamo trovato un’atmosfera - come spesso in questi contesti - un po’ degradata, un po’ malinconica e un po’ mistica, secondo l’occhio di chi osserva. E di sicuro, a misura d’uomo: si ha più la sensazione di recarsi in un piccolo circolo, che di visitare la vecchia sede di enormi eventi sportivi. Non fosse altro che per il benvenuto del guardiano che ci ha aperto i cancelli e fatto entrare a dare un’occhiata.

Al centro della pista c’è un campo da rugby, su cui gioca e si allena la prima squadra del Paris Université Club, che milita nella Fédérale 2 (sesta divisione) e che nel corso dei decenni ha contribuito anch’esso alla conservazione del luogo. Sull’anello di cemento, invece, l’attività è ormai relegata a competizioni giovanili ed eventi amatoriali promossi dal Vélo Club des Vétérans Parisiens. "Cerchiamo di tenere in vita la tradizione di questo luogo mitico", racconta Jean Delahousse, attuale presidente del club. "Da marzo a ottobre, tutti i weekend (meteo permettendo) organizziamo una competizione su pista aperta a tutti. Ogni evento raccoglie tra i 30 e i 50 partecipanti: uomini, donne, atleti paralimpici… Certo, non c’è pubblico, ma porta vita su questo circuito, che fa parte del patrimonio storico della città."

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Camminando lungo la pista si possono notare alcune crepe, e qualche punto in cui il cemento cede spazio al prato circostante. La parte suggestiva, però, è tutto intorno. Anche se l’ingresso su Avenue de Gravelle non ha mantenuto l’aspetto imponente di un tempo, le strutture all’interno del centro sono integre, e permettono a chi le visita di fare un viaggio sensoriale nella Belle Époque. Disseminate lungo il viale di accesso, al fianco della "portineria" sono disposte le piccole cabine in legno che un tempo ospitavano i pistard, e che ancora oggi fungono da spogliatoi per gli amatori dei club. I saloni e l'edificio principale, in mattoni rossi e bianchi, con una vetrata panoramica che si affaccia sull’interno della struttura, sono stati trasformati in un ristorante che ovviamente è stato chiamato La Cipale.

Il pezzo forte e il tratto più distintivo, però, sono le due tribune centrali, sopravvissute - a differenza delle curve - all’avanzare della vegetazione. Gli spalti si sviluppano sotto le eleganti strutture metalliche disegnate dall’architetto Jean Camille Formigé, in classico stile Eiffel, che oggi si mostrano con un manto di ruggine, ragnatele e piante rampicanti. E al riparo della tettoia, divise in settori, le panche in legno e ferro battuto, disposte in fila sui gradoni. La sensazione che si ha prendendo posto su queste tribune e guardandosi intorno, è di essere davanti a una testimonianza di un’epoca sportivamente lontana e affascinante. Di trovarsi di fronte a un patrimonio che non può e non deve essere lasciato a sé stesso, a maggior ragione in una città che si prende cura dei legami col passato e della propria identità come Parigi. "Ora, finalmente, sembra che tutte le incertezze sul futuro del velodromo siano state definitivamente spazzate via", si legge su Le Parisien. La speranza è che alla prossima visita, troveremo anche ciò che manca oggi a La Cipale. La sua anima: la passione della gente che ne ha popolato gli spalti e ci ha vissuto intense giornate di sport.