
Bad Bunny: la scelta latina, ovvia e controversa per il SuperBowl 2026 È comunque un punto di svolta per la cultura latina nel primetime USA
Il portoricano Benito Antonio Martinez Ocasio, in arte Bad Bunny, si esibirà nell’Halftime Show del SuperBowl 2026, il prossimo febbraio, al Levi’s Stadium di Santa Clara. La notizia è stata ufficializzata nei giorni scorsi dai co-organizzatori dell’evento e nel giro di poche ore ha fatto rumorosamente il giro del mondo. Sui giornali, sul web e sui social, infiammando un dibattito che va ben oltre la musica e lo sport. Nel rito televisivo più visto d’America salirà infatti sul palco un artista latino che canta (quasi) soltanto in spagnolo, con un’identità boricua dichiarata e una lunga storia di prese di posizione politiche e sociali. La sua presenza, soprattutto nel contesto presente del paese, è di per sé un forte messaggio politico, che scopre temi drammaticamente attuali come identità, immigrazione, deportazioni, diaspora latina e rapporto tra Porto Rico e Stati Uniti. Ma anche diritti civili, libertà di espressione, rivendicazioni della comunità LGBTQ+. Insomma, tutto ciò che il presidente Donald Trump e la galassia MAGA (Make America Great Again) non vorrebbero vedere e sentire nel mezzo di una serata, quella della finale del campionato di football americano, che incarna il momento culturale a stelle e strisce per antonomasia.
Sarà il primo Halftime Show interamente in spagnolo, e si terrà a pochi mesi di distanza dalla lunga residency di Bad Bunny a San Juan, che già aveva offerto una nitida testimonianza della spaccatura con la Casa Bianca. La scelta di NFL, Apple Music e Roc Nation è evidentemente dettata dai numeri e dalle controversie che l’artista porta in dote, secondo la buona e vecchia legge del chi disprezza, compra. In ogni caso, l’apertura di un palcoscenico di tale visibilità e significato a un artista latino, e quindi a un (fiero) rappresentante di una comunità oggetto di sistematiche discriminazioni dialettiche e legali, ribadisce un’altra volta l'emancipazione della sfera pop dall'amministrazione Trump. Un bello smacco per un presidente che è solito imporre la sua onnipresenza in ogni occasione sportiva di rilievo nel paese, dal Mondiale per Club di calcio alla stessa NFL, passando per UFC, NASCAR, tennis, golf e tanto altro.
Una scelta ovvia
Al di là del significato politico e sociale, sul piano commerciale non c’è nulla di sconvolgente in questa nomina. Si tratta infatti di una pick in continuità con alcune scelte precedenti, e sostenuta da solidissime garanzie in termini di audience. Prima, però, un passo indietro sul contesto. Il SuperBowl è la massima vetrina dell’entertainment sportivo americano, che nell’ultima edizione ha fatto registrare negli States quasi 130 milioni di spettatori medi, oltre a tutti i connessi da ogni angolo del mondo. L’intervallo è tutt’altro che un momento di pausa, come ha ricordato il 2025 con Kendrick Lamar sul palco e 134 milioni di americani incollati allo schermo, un nuovo record. Dentro questa scala, l’NFL non sceglie soltanto un performer, ma una quota di pubblico, e Bad Bunny è una macchina di ascolti globali, capace di muovere grosse cifre su più continenti.
Si tratta infatti del tre volte artista più ascoltato al mondo su Spotify (2020, 2021, 2022), con Un Verano Sin Ti come album più popolare nella storia della piattaforma, che ha occupato per tredici settimane la vetta della Billboard 200 (record per un album non in lingua inglese), e con un curriculum di hit riconoscibili anche fuori dal perimetro centro-sudamericano. Tra cui l’ultimo lavoro, Debí Tirar Más Fotos, che ha registrato primati su Apple Music e le cui diciassette tracce si sono ritagliate - sì, tutte - un posto nella Hot 100 USA, altro dato senza precedenti.
Non è una novità che l’NFL, soprattutto dalla partnership con Roc Nation in avanti, insegua platee trasversali. A volte molto fresche (Kendrick Lamar l’anno scorso, The Weeknd nel 2021), altre meno (Usher 2024, Rihanna 2023, il team nostalgia Dr. Dre-Snoop Dog-Eminem nel 2022), senza disdegnare il multilingua e il coinvolgimento del pubblico ispanico (Shakira e Jennifer Lopez nel 2020, con ospiti lo stesso Bad Bunny e J Balvin). L’anno scorso il mercato musicale latino ha toccato negli Stati Uniti un massimo storico come giro d’affari, con un volume complessivo di oltre 1.4 miliardi di dollari. E non c’è dubbio che Bad Bunny intercetti più di chiunque altro questo pubblico. L’headliner del 2026, dunque, è una scelta unica e in un certo senso storica per l’NFL, ma anche mainstream e in continuità con quanto offerto dal set esplicitamente politicizzato di Kendrick Lamar nel 2024.
Le controversie
@metroentertainment The Debí Tirar Más Fotos World Tour won't be coming to the States @badbunny has explained why his major sold-out world tour won't be coming to the U.S., telling @i_d Magazine: “There were many reasons why I didn’t show up in the US, and none of them were out of hate – I’ve performed there many times. All of [the shows] have been successful. All of them have been magnificent.” “But there was the issue of like, f***ing ICE could be outside my concert. And it’s something that we were talking about and very concerned about.” #badbunny #badbunnypr #latin #spanish #latinmusic #latino #DeBÍTiRARMáSFOToS DtMF - Bad Bunny
Portare sul palco del SuperBowl un esponente del reggaeton e del latin trap, e uno show interamente in spagnolo, significa decentrare il baricentro del primetime americano. Le implicazioni politiche, però, non si limitano alla lingua. Bad Bunny è infatti un narratore politico di Porto Rico e della diaspora latina, come ha confermato il suo ultimo album, che intreccia memoria e presente dell’isola. Nei video recenti sono presenti esplicite denunce alla gestione di Trump (nel precedente mandato presidenziale) della catastrofe naturale che ha colpito l’isola nel 2017, l’Uragano Maria; ma anche riflessioni su temi quali deportazione, discriminazione, gentrificazione, privatizzazioni, modelli turistici, espropri culturali, ingerenze della politica statunitense. Poi ci sono il linguaggio del corpo e il modo di vestirti di Bad Bunny, tra smalti, gonne e drag, che hanno sfidato apertamente i codici machisti e abbracciato un’estetica queer-friendly, con messaggi contro la violenza e la disparità di genere e a sostegno della comunità LGBTQ+, bersaglio sempre più esplicito della retorica trumpiana.
Nello stesso quadro rientrano le tante critiche a Trump durante la scorsa campagna elettorale e dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, il sostegno a Kamala Harris nel 2024, la dura risposta al comico che durante un evento repubblicano definì Porto Rico «un’isola di spazzatura che galleggia». Piccole e grandi frizioni che hanno trasformato Bad Bunny in un punto di riferimento da una parte, in un bersaglio politico dall’altra, e in senso assoluto in un terreno di scontro culturale. A tutto ciò si somma la residency No Me Quiero Ir De Aquí di quest’estate, al Coliseo di San Juan, Porto Rico: una maratona di trentuno date con ospiti illustri (anche dal mondo sportivo, tra cui LeBron James, Kylian Mbappè e Achraf Hakim), che ha attirato nella capitale portoricana circa 500.000 partecipanti e generato un indotto di oltre 700 milioni di dollari, secondo Gaither International. Ma la notizia, più che nel quanto, sta nel dove, cioè fuori dal mainland americano. Bad Bunny ha spiegato in una recente intervista su i-D Magazine di aver deciso insieme al proprio staff di evitare un tour negli Stati Uniti in risposta al clima di stretta migratoria in atto, e «per la paura di possibili retate della f*****a ICE» - Immigration and Customs Enforcement, cioè il braccio armato di Trump in campo migratorio - fuori da stadi e palazzetti, prima e dopo i suoi show.
Tutto ciò finirà, inevitabilmente, sul palco del Levi’s Stadium di Santa Clara. Certo, in dodici-tredici minuti non c’è lo spazio per un manifesto politico, e il contenuto rimane comunque vigilato da Apple Music e Roc Nation. Ma c’è abbastanza per trasmettere molto anche senza dirlo, con una scaletta tutta in spagnolo, un cameo di artisti boricua, qualche accenno alle estetiche tradizionali di Porto Rico e magari qualche coreografia che alluda a diaspora e resilienza. Messaggi tra le righe, per intenderci, in stile Kendrick Lamar, ma in salsa latina.
Le reazioni
L’annuncio ha generato due onde immediate, ampiamente previste (e si può dire apprezzate) da chi ha orchestrato e confezionato lo show. Da una parte l’entusiasmo del mondo musicale, dell’intrattenimento e non solo, in cui tantissime voci hanno accolto questo punto di svolta per la cultura latina nel primetime USA. Da Shakira a Jennifer Lopez, da Bruno Mars a Cardi B, passando anche per Gavin Newsom (governatore della California) e altri esponenti dell’ambiente democratico. La seconda reazione, invece, è quella indignata della sfera conservatrice del paese, permeata di retorica discriminatoria e di chiusura a qualsiasi forma di diversità, culturale ed espressiva. Ha parlato di Bad Bunny come un attivista anti-ICE e un Trump hater Benny Johnson, noto influencer ultraconservatore della destra americana; «una pessima idea dell’NFL», «una scelta vergognosa», e «un dito medio a MAGA», hanno aggiunto Corey Lewandowski (consigliere di Trump) e Megyn Kelly (giornalista ex Fox News).
È un copione noto: gli spazi pop sono meno controllabili di quelli istituzionali, e proprio per questo diventano terreno di contesa e motivo di scontento per un’amministrazione che punta a saturare il dibattito politico e pubblico con le proprie idee. Per i detrattori, insomma, è un fastidio difficile da metabolizzare, mentre per chi chiede spazio a un’America plurale è un segnale concreto di apertura. O meglio, un’occasione. La scelta di un headliner latino e politicizzato, infatti, viene letta da molti come una sfida indiretta al presidente e alla sua retorica divisiva su immigrazione e identità, ma conviene evitare semplificazioni del genere. L’NFL non sta diventando un partito, e anzi nel suo recente passato si è segnalata - ricordate il caso Kaepernick? - per l’esatto opposto. La scelta della lega e dei suoi partner riflette più che altro logiche di business, che portano a scegliere l’artista più grande e globale disponibile, con una forte presa sul mondo latino, che porterà sicuramente numeri da capogiro. E sì, scegliendo anche una figura polarizzante, perché il controverso accende il dibattito, allarga l’audience e genera milioni di dollari.





















































