Abbiamo avuto troppa fretta a giudicare il Villaggio Olimpico? Il progetto vige al futuro, non al presente

Non è la solita storia di Olimpiadi e cemento. A Milano, il Villaggio Olimpico di Porta Romana non nasce per stupire, ma per restare. Firmato dallo studio americano Skidmore, Owings & Merrill (SOM), lo stesso dietro la Freedom Tower di New York e la Burj Khalifa di Dubai,  il progetto è un manifesto del nuovo modo di costruire: temporaneo, sostenibile, riconvertibile. Un’architettura che non punta a celebrare l’evento sportivo, ma il dopo. Mentre in passato i villaggi olimpici sono diventati città fantasma, come ci insegnano i casi di Atene 2004 e Rio 2016, Milano sceglie un approccio opposto, pianificando l'eredità prima dell'evento stesso.

Il Villaggio di Porta Romana, situato su 60.000 metri quadrati dell’ex scalo ferroviario, sarà casa di oltre 1.000 atleti nel 2026, ma dal 2027 si trasformerà in studentato sostenibile per circa 1.100 studenti e giovani lavoratori. Un progetto gestito dal fondo COIMA, in partnership con Prada Holding e Fondazione Lombardia per l’Ambiente, pensato per rispondere agli standard di eccellenza NZEB (Nearly Zero Energy Building) e LEED Gold. Dietro l’immagine dei nuovi edifici in legno e vetro c’è una riflessione più profonda: come si costruisce una città che cambia uso senza perdere senso?

Il design del Villaggio Olimpico di Milano

La risposta di SOM risiede nella modularità e nell'efficienza. Le strutture del villaggio sono concepite per essere smontabili e adattabili, trasformandosi senza generare scarti eccessivi. L'uso del legno strutturale (come XLAM o CLT) riduce drasticamente l'impronta di carbonio della costruzione, fornendo al contempo un'estetica calda e riconoscibile, fondamentale per un ambiente di co-living.

L'efficienza è integrata nel design, dove le facciate ventilate riducono i consumi del 30%, mentre un sistema di raccolta e riuso delle acque grigie alimenta l’irrigazione dei giardini interni. Il 30% dell’area totale è destinato a verde pubblico e gli impianti fotovoltaici sui tetti copriranno gran parte del fabbisogno energetico. Un modello che non parla solo di sostenibilità ambientale, ma anche di sostenibilità sociale: architettura come infrastruttura di relazione.

Durante i Giochi, sarà un campus internazionale con mensa, palestra e aree comuni progettate come piazze di comunità. Dopo, la riconversione in studentato è una risposta diretta alla crisi abitativa che affligge Milano, con spazi di co-living flessibili (laboratori e aree studio condivise) che faciliteranno il dialogo e la vita comunitaria. Il paragone con Londra 2012 è inevitabile. Il quartiere di Stratford, allora sede del Villaggio Olimpico, è oggi uno dei distretti più dinamici della città, grazie alla riconversione degli edifici in residenze e università. Milano guarda a quello stesso modello, con un’attenzione maggiore al contesto locale e al design urbano.

Il Villaggio Olimpico è pensato come co-living

@dljthomas Stratford is taking off . I went to check out Eastbank, a new £650m cultural development at the heart of Olympic Village. I reckon this will turn Stratford into one of the most significant hub outside of Central London. What do you think? #stratford #eastlondon #iphonevideography #architecture #blackbritish @V&A Museum Mount Shasta - Venna

Porta Romana è, infatti, uno dei cantieri simbolo della rigenerazione milanese: entro il 2030 l’area ospiterà nuovi parchi lineari, percorsi ciclopedonali e connessioni dirette con la Fondazione Prada e l’Università Bocconi. Il villaggio sarà un nodo connettivo tra università, cultura e abitare. Per SOM, il vero obiettivo è definire una nuova tipologia urbana: il «post-event housing», capace di rispondere alla crisi abitativa con strutture flessibili, sostenibili e condivise.

Dall’alto, il Villaggio si presenta come una costellazione di volumi bassi e tetti verdi, con corti interne che evocano le cascine lombarde reinterpretate in chiave contemporanea. Non c’è monumentalità, ma misura. Milano, che negli ultimi anni è stata laboratorio di urbanistica privata e commerciale, sembra ora voler mostrare il suo lato pubblico: un’idea di città pensata per chi la vive, non solo per chi la osserva.

Il Villaggio Olimpico diventa così un test di co-living su scala urbana, un modello che unisce architettura, sostenibilità e nuove forme di socialità. Forse il vero lascito dei Giochi non sarà una medaglia o uno stadio, ma una domanda che vale più di qualsiasi podio: come possiamo imparare ad abitare meglio insieme, anche dopo la fine dello spettacolo?