
Il Pisa non sarà la solita squadra di Serie A
Cosa rappresenta la promozione per una città e una tifoseria unica
19 Maggio 2025
Dopo 34 anni, due fallimenti societari e la beffa nei playoff 2022, il Pisa Sporting Club ce l’ha fatta: è tornato in Serie A. Lo storico verdetto, maturato con due giornate d’anticipo sulla conclusione del campionato, è datato domenica 4 maggio, esattamente alle 16.58: il momento in cui la squadra di Filippo Inzaghi, sconfitta sul campo del Bari, otteneva la certezza aritmetica del secondo posto, grazie al simultaneo ko dello Spezia contro la Reggiana.
Così la festa promozione che tre anni fa era rimasta nel cassetto - rinchiusa dopo gli ultimi, assurdi minuti dello spareggio col Monza - stavolta è esplosa davvero. Prima sul campo e nel settore ospiti del San Nicola, dove nonostante la distanza da casa non è mancato il seguito; e in parallelo tra le mura dell’Arena Garibaldi di Pisa, dove diecimila persone circa hanno guardato la partita sui maxischermi allestiti per l’occasione, e poi hanno aspettato e abbracciato la squadra al rientro da Bari.
Pisa in festa
"È un risultato importantissimo della società ma anche dell’intera città, che ha un legame profondo con la squadra", ha detto il sindaco Michele Conti durante i festeggiamenti allo stadio. "La dimostrazione è quello che sta succedendo qui oggi", ha aggiunto, "la festa di tutti questi giovani"; che è proseguita nelle ore successive tra Lungarni, Piazza dei Cavalieri e Ponte di Mezzo, fino al bagno di folla con pullman scoperto di lunedì scorso. La prima volta non si scorda mai, d’altronde - e per un’intera generazione di pisani, era questo il caso.
Inzaghi ha sottolineato il significato di "un’impresa che vogliamo goderci, partendo da sfavoriti". In effetti a inizio stagione il Pisa non era tra i nomi più attesi, anzi, per la promozione; stando ai pronostici partiva dietro a Sassuolo, Cremonese, Palermo e un’altra manciata di squadre, alcune delle quali si giocheranno i prossimi playoff. Il campo, invece, ha scritto un’altra storia. Ha raccontato il riscatto di un club e di una tifoseria che hanno vissuto periodi di crisi, fino a uscire quasi del tutto dai radar del pubblico, ma con un’idea di identità che non è mai venuta meno. Può sembrare una frase fatta, un cliché mediatico tipico di questi frangenti, ma non lo è.
Una lunga rincorsa
L’ultima volta in A fu nel 1991, quando c’era Mircea Lucescu alla guida delle operazioni, e in campo Simeone e Chamot. La figura più rappresentativa di quel periodo, neanche a dirlo, è il leggendario Romeo Anconetani. Un’istituzione più che un presidente, “Il Vescovo di Pisa” - protagonista tra le altre cose di “Parliamo con Romeo” (pionieristica trasmissione su 50 Canale) e di un’infinità di apparizioni a “Mai Dire Gol” - è stato il simbolo di un’epoca nerazzurra, e in un certo senso del calcio italiano.
Con la retrocessione di quella squadra ha avuto inizio una lunga agonia, entrata nel vivo con il fallimento del ‘94 e con il contestuale addio di Anconetani. La rinascita, prima come AC Pisa e poi Pisa Calcio, è poi andata avanti fino al 2009, anno del nuovo default. Ogni volta è cambiata la struttura: il nome ufficiale, il logo, la proprietà, la dirigenza - ma non le fondamenta, cioè la maglia nerazzurra, l’Arena Garibaldi, il legame con città e tifosi. E dopo dodici anni (2009-2021) da AC Pisa 1909, alla fine è tornato anche il nome originale del club: Pisa Sporting Club.
Il coronamento di questo percorso, la Serie A, è diventata un obiettivo concreto nel corso dell’ultimo decennio. Nel 2016, sotto la guida di Gennaro Gattuso, ci si affacciava di nuovo in Serie B, ma per una sola stagione e con altri disordini societari all’orizzonte. Per la vera svolta si è dovuta attendere l’acquisizione da parte della famiglia Corrado (2018), e quindi il ritorno in B con Luca D’Angelo (2019) e l’arrivo del russo-americano Alexander Knaster in società (2021). E su questo binario sempre più ambizioso passa anche la delusione dei playoff 2022, che alla fine si è trasformata nel preludio della cavalcata firmata “Pippo” Inzaghi.
L'identità pisana
Il Pisa ha cambiato nome ed è ripartito più volte dai dilettanti, attraversando diverse fasi di instabilità. Ma fin dalla nascita, dopo la brevissima parentesi bianco-rossa iniziale, i colori sono stati sempre fedeli al nerazzurro verticale. Secondo lo storico presidente Enrico Canti, furono scelti nel 1910 da uno dei primi dirigenti del club, ispirandosi all’Inter campione d’Italia di quell’anno (mentre Canti era costretto a letto dalla febbre, racconterà lo stesso presidente).
Il rosso della croce pisana è ricomparso in varie versioni, e lo stemma è passato dal profilo stilizzato della celebre Torre Pendente alla forma attuale, ovale, con la scritta “Pisa Sporting Club 1909” e la sagoma nera del monumento cittadino su sfondo blu. Negli ultimi anni il club ha raccontato il proprio dna e background culturale in occasione, ad esempio, delle collaborazioni con COPA - una riedizione della maglia 1986/87 - e Tacchettee - la capsule “Identità Pisana”. È un’identità che il club e la sua gente hanno coltivato e tramandato da una generazione all’altra, nonostante gli alti e bassi. Fino alle ultime, le più giovani, ereditarie di una genetica che rappresenta un’eccezione nel contesto del tifo italiano. Organizzato e non, calcistico e non.
Come cambierà lo stadio
Nella stagione 2024/25 il Pisa in trasferta ha fatto registrare una media di quasi mille spettatori a partita, primo posto nella classifica delle tifoserie di Serie B. Tra le proprie mura invece le 9.000 persone circa di affluenza media (dodicesimo posto) sono ben distanti dalle cifre, ad esempio, di Sampdoria e Palermo, entrambe oltre i 20.000, ma con impianti e bacini d’utenza non comparabili. L’Arena Garibaldi, dedicata a Romeo Anconetani dopo la sua scomparsa a fine anni ‘90, è amata più per ragioni di tradizione che per la sua (non) modernità. Si può dire che la struttura porti abbastanza chiaramente i segni del tempo, nel bene e nel male; non ultimo per la posizione, nel cuore del quartiere Porta a Lucca, poco distante dalla Torre Pendente.
La capienza attuale dello stadio (11.293) sarà aumentata (12.500) in vista del salto in Serie A, in linea con gli standard federali. I lavori sono già iniziati, seguendo un piano di ristrutturazione in quattro fasi che proseguirà nei mesi estivi, con l’obiettivo annunciato dall’amministrazione comunale di terminare entro agosto, in tempo per l’inizio della prossima stagione. Nel frattempo, si avvicina un altro momento di grande importanza: l’inaugurazione del centro sportivo di Gagno, nuova casa della squadra e prezioso asset del club.
Last but not least, c’è chi popola quegli spazi allo stadio. Non solo per il quanto (affluenza, costanza) e il dove (le trasferte), ma anche per il come. Da anni infatti il tifo organizzato pisano si segnala sulla scena nazionale per la sua identità anticonformista e politicamente schierata, per la sua partecipazione giovanile e femminile sopra la media, per la volontà di staccarsi dai valori tipicamente associati al mondo ultras in Italia.
La Curva Nord è impegnata dentro e fuori dal settore su tematiche socio-politiche come, ad esempio, violenza maschile, diritti umani, guerra in Ucraina e in Palestina; e tutto ciò la rende un unicum in un Paese dove il tifo organizzato è spesso vicino a idee ultra-conservatrici, reazionarie o apolitiche, oltre che a un’ingombrante cultura maschilista. Ed è anche per questo, oltre che per la lunga assenza dalla Serie A e per l'entusiasmo della città, che la promozione del Pisa è una bella storia.