
Kings League Italia, una cosa divertente che non farò mai più
Ecco com’è andata la prima edizione italiana del torneo di Gerard Piqué
23 Maggio 2025
Il 18 novembre 2024 la Kings League è arrivata ufficialmente in Italia. Con un evento di presentazione tenuto al Centro Eventi Torino, a due passi dallo Juventus Stadium, l’edizione italiana del torneo ideato da Gerard Piqué si è presentata con tutte le ambizioni del caso: dalla nomina di Zlatan Ibrahimović come presidente della lega italiana, a quella di Claudio Marchisio nel ruolo di Head of Competition. Insomma, non potevo mancare. Chiedo quindi un accredito per assicurarmi un posto di fronte al palco, dove Pierluigi Pardo avrebbe presentato le squadre partecipanti insieme ai rispettivi presidenti: Fedez, Er Faina, Blur, insomma, i volti noti del trash italiano, che ormai conosciamo fin troppo bene.
Tra la verve di Pierluigi Pardo e qualche scenetta circense - come Damiano "Er Faina" che si inchina platealmente davanti a Piqué e Ibrahimović - resta quella curiosità, quell’alone di mistero, chiamiamolo così: riuscirà la Kings League Italia a proporsi come una valida alternativa al calcio giocato? La fantomatica idea - o meglio, il concetto ancora oggi astratto - di calcio entertainment riuscirà davvero a raccontarsi e a prendere forma attraverso il progetto Kings League? Spoiler: no. A meno che, cari lettori, per calcio entertainment non intendiate letteralmente una pagliacciata senza copione, dove figure come Ibrahimović e Marchisio vengono piazzate in ruoli "istituzionali" della competizione senza alcun reale coinvolgimento. Nessuna presenza alle partite, giocate ogni lunedì in una fatiscente Fonzies Arena; la Kings League Italia, in questa prima edizione, è stata una scenografia di cartongesso crollata dopo pochissimi istanti.
Vale la pena fare un paragone: in Francia, con un Milan in piena crisi dirigenziale e di risultati, la lega riesce ad accaparrarsi Mike Maignan come presidente del club 360 Nation, affiancato da Jules Koundé, Aurélien Tchouaméni, Manu Koné, Bryan Mbeumo e Senny Mayulu. Maignan che calcia un rigore presidenziale (si chiama così il penalty che, una volta a partita, possono battere i presidenti delle squadre durante le gare di Kings League): ecco, qui forse un paragone ci sta eccome. Mike Maignan, uno dei portieri che fino a due stagioni fa era considerato tra i primi cinque al mondo nel suo ruolo, che tira un rigore in una competizione come la Kings League - dove anche in Francia i protagonisti principali sono youtuber e content creator, con un pubblico molto simile a quello italiano per target ed età - questo sì che è calcio intrattenimento.
Un gesto che centra in pieno la missione che la Kings League si è posta: aumentare la spettacolarità e l’imprevedibilità delle partite, avvicinando il pubblico più giovane. Il rigore di Mike Maignan è calcio intrattenimento. Perché è sorprendente, è divertente, è fuori dagli schemi. È notizia. (Anche) Perché si può solo immaginare quanto sia complesso coinvolgere calciatori professionisti di quel calibro in iniziative del genere. Fedez che calcia un rigore, invece, è semplicemente Fedez che calcia un rigore.
6 interminabili ore alla Fonzies Arena
Ma per arrivare a queste conclusioni - forti, severe, realiste - una giornata di Kings League l’ho vissuta dal vivo. Volevo capire come si articolano sei ore alla Fonzies Arena, guardando tutte le partite in programma, piuttosto che tenerle in sottofondo su Twitch, e allora chiedo un accredito anche per la terza giornata del campionato. Per intenderci: ero presente nel giorno del debutto di Radja Nainggolan con la maglia dei Ceasar FC, la squadra dei presidenti Damiano Er Faina ed En3rix. È stata anche la giornata in cui Fedez ha calciato il rigore presidenziale, ha esultato in campo, ha partecipato alla foto di squadra con il suo cane, Silvio, e si è fatto accompagnare - per la prima volta - dal fido Marco Masini. Insomma, c’erano tutti gli ingredienti per una sei ore arlecchinesca. Quelle sei ore, però, si sono rivelate un loop noioso e mal ritmato. Da qui nasce una delle tante criticità della Kings League: deve essere semplicemente un campo da calcio trasformato in un set televisivo, o la federazione ha davvero l’ambizione di acquisire anche una rilevanza fisica?
Almeno è stata un’ottima occasione per porsi una domanda fondamentale: per quale motivo, innanzitutto, un appassionato di Kings League dovrebbe mai andare a vedere quelle partite dal vivo? In una struttura fatiscente, dove la fila per gli snack e le patatine al bar si intreccia con quella per l’ingresso, dove non c’è nemmeno un minimo di intrattenimento tra una partita e l’altra. Ma soprattutto: in che modo la Kings League Italia dovrebbe avvicinare i giovani al calcio? E in che modo questi dovrebbero sviluppare una maggiore affezione verso questo sport grazie alla Kings League? Poche cose, nella mia vita, sono risultate tanto noiose e stucchevoli quanto le continue lamentele di Bomber Picci durante la partita che ho visto – l’eroe della lega, incarnazione di tutti i cliché del bomber di provincia, che pensavamo fosse rimasto confinato nei meandri di Calciatori Brutti.
Uno stereotipo indissolubilmente legato al calcio dilettantistico italiano, dal quale proprio non riusciamo a scrollarci di dosso. E che, purtroppo, viene riproposto anche nella narrazione - o meglio, nella farsa - della Kings League. In meno di un’ora di gioco, Bomber Picci è riuscito a farmi rivivere per un attimo l’atmosfera tossica che si respira sugli spalti del calcio di provincia. Mi ha fatto tornare a quando, più di dieci anni fa, ho deciso di smettere di giocare: avevo 16 anni. Anche allora, le urla dei genitori sugli spalti - sempre pronti a difendere i figli in campo con lamentele da quattro soldi rivolte all’allenatore o al direttore di gara - mi mettevano una tristezza profonda. Emanavano un senso di provincialismo nel significato più assoluto.
Bomber League Italia
A questo punto diventa evidente quanto l’obiettivo dichiarato della KL, ovvero conquistare una nuova fetta di pubblico giovane, perda credibilità. Lo stereotipo del bomberone è vecchio, eppure resta centrale anche nella versione italiana del torneo. Passiamo poi alle legends – gli ex calciatori di Serie A che hanno preso parte alla prima edizione della Kings League Italia: Jacopo Sala, Ciccio Caputo (a proposito di bomberoni), Emiliano Viviano e Radja Nainggolan. Quest’ultimo, anziché riscaldarsi per il match imminente, sceglie di svapare una sigaretta elettronica a bordocampo. Sono giocatori appartenenti a un’altra generazione, senza alcun potere mediatico, eccezion fatta per Nainggolan – e più per le sue vicende extracalcistiche che per meriti sportivi, come l’arresto per traffico di droga avvenuto poche settimane prima del suo esordio nella competizione.
Una narrazione del calcio che è caduta ancora una volta nella trappola della nostalgia, rivelando quanto questo sport abbia pubblici diversi, disuniti e sfaccettati. Il che, sia chiaro, è anche parte del suo fascino. Tuttavia, in questo mix, il pubblico delle nuove generazioni - quello a cui la Kings League dovrebbe puntare - sembra contare molto meno degli altri. Ed è qui che si chiude il cerchio: perché, allora, non dovremmo paragonare la Kings League Italia a quella francese? In che modo si può pensare di perseguire lo stesso obiettivo se, da un lato, si coinvolgono Tchouaméni e Koundé, e dall’altro Caputo e Nainggolan? E ancora: come si può credere che due coetanei, uno in Francia e uno in Italia, possano essere coinvolti allo stesso modo da questi giocatori? Emerge dunque la presenza di uno star system poco funzionante in Italia, privo di carattere, con zero aura, come qualcuno sottolineerebbe. Dall’altra parte, invece, ciò attesta che in Francia esiste uno star system vivo, desideroso di rinnovarsi, che coinvolge anche i calciatori - quelli forti, quelli davvero fighi, come Jules Koundé.
Kings League Italia: s.v.
Va ammesso che la Kings League Italia, almeno sotto un aspetto, è stata coerente: ha abbandonato fin da subito l’ambizione di apparire come un’iniziativa cool e curata dal punto di vista estetico. I kit sono noiosissimi, i calciatori coinvolti sono tutto fuorché delle icone, e l’e-commerce del sito riflette la stessa sufficienza: considerando l’enorme community potenziale, derivata dai creator coinvolti come presidenti, è quasi surreale vedere un merchandising potenzialmente vendibile ma graficamente anonimo - con design che sembrano usciti dalla merceria di un qualsiasi paesino di provincia La Kings League Italia, alla sua prima edizione, è stata brutta ma soprattutto incoerente, errata dal punto di vista sistemico, ma quante persone se ne sono accorte davvero? Questo articolo esce il giorno dopo le Finals, disputate a Torino, all’Inalpi Arena - la stessa che ospita le Nitto ATP Finals. E allora speriamo che, per il prossimo anno, la Kings League riesca a rubare almeno un po’ della bellezza del contesto che l’ha ospitata. Perché, oggi, la Kings League Italia è tremendamente distante dall’utopistica idea di calcio entertainment; Ma soprattutto auspichiamo che le giovanissime generazioni non la prendano come esempio: a quel punto saremmo certi che l’audience del calcio si ridurrebbe drasticamente, perché la Kings League Italia non è né vero calcio né intrattenimento.