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I problemi del calcio femminile non possono essere ignorati, ancora

Dobbiamo ascoltare Alia Guagni e il Como Women

I problemi del calcio femminile non possono essere ignorati, ancora Dobbiamo ascoltare Alia Guagni e il Como Women

“Ci sono persone che seguono il sentiero, e altre che tracciano la strada”. Così Laura Giuliani ha commentato l’addio al calcio di Alia Guagni, sua storica compagna in nazionale. Pochi giorni prima, in occasione dell'ultima partita con il Como Women, Guagni rendeva tangibili queste parole, scendendo in campo con una maglia inedita con il proprio curriculum stampato sul petto. Titoli di studio, esperienze, palmarès, a caratteri cubitali e nel classico layout di un pdf che si allega a una candidatura. Ma con destinatari pubblico, media e attori pubblici e privati coinvolti nel settore, invitati ad una riflessione sul tema del post-carriera nel mondo del calcio (e dello sport) femminile.

La scelta di Guagni, sostenuta dal club, è pensata per accendere i riflettori - in una giornata per lei così particolare - su una condizione comune a molte calciatrici. Il rischio cioè di arrivare al capolinea sul campo e trovarsi senza opportunità fuori, costrette a ripartire da zero in un ambiente che offre poche alternative. Il discorso evidentemente non si limita al calcio, che anzi dal 2022 è l’unico sport femminile attualmente riconosciuto in Italia come professionistico; ma grazie al gesto dell’ex difensore del Como, e alla visibilità della sua piattaforma, il dibattito sul caso italiano ha avuto ampia esposizione anche su media internazionali come New York Times, ESPN, The Guardian e Yahoo Sports.

Alia out

Il post-ritiro non è uno scenario così vuoto per Alia Guagni, che ha un solido percorso accademico alle spalle, una maternità all’orizzonte e una transizione ben avviata. “Io ho avuto la fortuna di avere un piano”, racconta, ma prepararsi al futuro mentre si gioca ad alti livelli non è mai semplice. Per questo ha scelto di esporsi, per chi non ha le stesse opportunità. “Non sono mai stata una che cerca attenzioni”, ha spiegato, “ma ci sono volte in cui farsi sentire è l’unica cosa giusta, soprattutto quando può aiutare chi arriverà dopo. Noi facciamo da apripista, sperando in condizioni migliori per le generazioni successive.”

Il caso ha voluto che la sua ultima partita, contro il Napoli, si giocasse proprio nel giorno della Festa della Mamma, lo scorso 11 maggio. Una coincidenza che si intreccia con la sua scelta di appendere le scarpe al chiodo e diventare madre, dopo lunghe riflessioni - personali e sportive - sul momento giusto. E dopo aver congelato i propri ovuli. “Sapevo di voler fare un figlio, senza sapere quando. Così, visto che adesso ci sono tecniche per preservare la fertilità, mi è stata consigliata questa procedura. In Italia se ne parla troppo poco, ma credo sia una cosa utile per tante donne in carriera che sono in un momento in cui non riescono a fermarsi. Qui non ti aiutano, così sono dovuta andare in Spagna.”

Il tema della maternità per le calciatrici, dice Guagni, “è ancora un tabù in Italia: da quando siamo professioniste ovviamente siamo tutelate almeno a livello legale, nessuno può licenziarti perché resti incinta, ma è ancora una situazione difficile. La nostra vita ruota attorno all’attività, ma non guadagniamo milioni, mantenere un figlio è complicato. A differenza di quanto ho visto all’estero, qui si va in trasferta senza famiglia, devi pagare chi ci sta insieme al posto tuo, e spesso le strutture non sono neanche attrezzate per l’allattamento.”

Non è la prima volta che Guagni denuncia l’arretratezza del contesto sportivo italiano in questo ambito. E la sua è una voce da ascoltare: arriva da chi ha giocato a lungo e ad alto livello in Italia, ma anche in Spagna e negli Stati Uniti, confrontandosi con modelli culturali e sportivi diversi. Nel giorno del suo addio però non ha parlato del proprio caso specifico o di maternità, ma ha scelto un messaggio ancora più aderente all'occasione: le prospettive professionali post-ritiro.

La maglia-curriculum

Così è nata l’idea della maglia-CV, disegnata insieme al Como Women, al gruppo Mercury/13 (proprietario del club dal 2024) e all’agenzia creativa LePub. Sul fronte della divisa, al posto del logo commerciale, si leggono le voci del suo curriculum vitae: titoli di studio (laurea triennale e magistrale, più un master), lingue parlate, traguardi raggiunti (85 presenze in nazionale, uno scudetto, due premi come calciatrice dell’anno, e tanto altro), esperienze professionali (Firenze, Pali Blues, Tacoma 253, Fiorentina, Atlético Madrid, Milan, Como).

“Una carriera sul campo ha una fine naturale”, ha detto, “e garantire un inizio dopo quella fine deve far parte del percorso”. Parliamo di un mondo in cui il dopo è fatto di incertezze per la stragrande maggioranza delle atlete - sia per quelle che arrivano effettivamente ad affrontarlo, magari senza una dual career negli anni precedenti; sia per le tante scoraggiate da tali prospettive, e ritirate anzitempo dall’attività. “Volevamo sottolineare le difficoltà che ha una calciatrice quando interrompe l’attività agonistica, non avendo le possibilità economiche di un calciatore”, aggiunge Alia. “Sono mondi diversi, non chiediamo la parità salariale, volevamo far riflettere semplicemente sul fatto che, dopo aver fatto questo per tutta la vita e esserti mantenuta come un qualunque altro lavoratore, ti ritrovi a dovere cercare un altro lavoro e a doverti reinventare senza avere potuto maturare alcuna esperienza. È un momento veramente difficile dal punto di vista sia emotivo che economico.”

Un aspetto importante sono le radici sistemiche di tutto ciò, e gli sbarramenti che portano in dote. Nel dibattito si tende infatti a “ridurre sempre tutto a una questione di soldi, ma si tratta anche di opportunità: gli ex calciatori hanno strade davanti che a noi donne non vengono mai aperte, nonostante abbiamo avuto anche noi una carriera in questo mondo e nonostante tante di noi abbiano studiato. In televisione e non solo, è un settore talmente ampio e vario che le possibilità sarebbero molte - ma quanto è aperto alle donne? Pochissimo. Basta vedere quante sono le allenatrici, le preparatrici, le commentatrici, le manager. C’è sempre lo stereotipo per cui le donne di calcio non capiscono niente, ma ci vogliamo evolvere?”.

Como Women e Beyond

Il Como Women da anni prova a contribuire all’evoluzione invocata da Alia Guagni. Il progetto Beyond, avviato nel 2023 e composto da attività di formazione e orientamento professionale, è nato per aiutare le calciatrici a prepararsi per il futuro. In questo perimetro si sono svolti svariati incontri con ospiti esterni per discutere del passaggio dall’agonismo ad altre occupazioni, e quindi di educazione finanziaria; ma anche di identità, salute mentale, prevenzione, gestione della gravidanza per le sportive, tecniche di crioconservazione degli ovuli.

Il club si è impegnato inoltre a collaborare soltanto con sponsor, come WeAre8, che garantiscono di assumere ex calciatrici. E la maglia-CV realizzata con Alia Guagni “è un’estensione concreta di questo impegno”, come si legge nel comunicato ufficiale, “un manifesto da indossare che invita al dialogo e apre le porte al cambiamento. Non è una protesta, ma un invito alla consapevolezza”. E per noi spettatori, un promemoria: ogni cambiamento parte dall’ascolto.