
Alla scoperta della MarsCup, con ABELA e Ahamed Soilhoudine Cosa c'è dietro uno dei tornei di calcio più folli della Francia?
Il calcio non può essere ridotto solo a uno sport. È la prima regola non scritta che impariamo fin da bambini, da quando muoviamo i primi passi e tiriamo il nostro primo pallone per le strade della nostra città. Il calcio è aggregazione, è unione; attraverso il calcio viviamo i luoghi in cui nasciamo e cresciamo. In Francia, nessuno incarna questo concetto meglio della MarsCup, il torneo di calcio giocato a Marsiglia che riesce a unire tutti gli arrondissements della città: in totale sono 12, da Busserine a Cayolle, La Viste e Castellane. Per l'ultima edizione, tenutasi dal 31 maggio al 29 giugno 2025, ogni quartiere ha gareggiato indossando una maglia realizzata da PUMA in collaborazione con ABELA, il brand nato a Parigi nel 2021 dalle menti creative di Femi e Ousmane Badirou. Per la creazione di uno speciale editoriale, abbiamo avuto l'opportunità di intervistare il team della MarsCup, guidato da Ahamed Soilhoudine, e il team di ABELA.
AHAMED SOILHOUDINE - MARSCUP
Qual è l’obiettivo della MarsCup?
L’obiettivo della MarsCup è unire i quartieri attraverso il calcio, perché siamo la capitale del calcio in Francia. Creiamo uno spazio comune, un palcoscenico dove ognuno può rappresentare il proprio quartiere, il proprio stile di gioco, o anche i propri talenti fuori dal campo—che si tratti di organizzazione, giornalismo, fotografia o trasmissioni in diretta. È più di un torneo: è un evento popolare, inclusivo e socialmente impegnato.
Cosa significa per te “raccontare Marsiglia”?
Significa mostrare la ricchezza cosmopolita di questa città e come persone di classi sociali e origini diverse possano convivere. Lo si sente durante le partite dell’OM al Vélodrome—diventiamo tutti una sola persona. Marsiglia è una città aperta sul Mediterraneo, una terra d'accoglienza, una città piena di sfumature, ma anche di storie, successi e orgoglio. Raccontare Marsiglia attraverso il calcio significa dare luce a chi vive nell’ombra, a chi raramente riceve visibilità. Trasmettiamo messaggi di unità, resilienza, speranza e stile—alla nostra maniera.
Quali sono le tue radici e qual è stato il tuo legame con il calcio fin da piccolo?
Il calcio mi ha dato tutto. Sono cresciuto nei quartieri nord di Marsiglia, dove il pallone è un linguaggio a sé. Ho iniziato a giocare a 6 anni e ancora oggi il calcio mi guida, ma in un modo diverso—oggi sono un agente calcistico. Questo sport è come una scuola di vita: mi ha insegnato disciplina, creatività, resilienza e anche il valore del lavoro di squadra. Ancora oggi mi aiuta a superarmi quotidianamente e a trasmettere la stessa energia attraverso la MarsCup.
Qual è la sfida più grande ogni anno nel riunire 12 quartieri diversi, ciascuno con una propria identità?
È una vera missione. Ogni quartiere ha il suo ritmo, le sue realtà sociali, e la competizione crea un vero melting pot. Bisogna trovare equilibrio, garantire equità e a volte gestire tensioni. Dal punto di vista logistico è un rompicapo—permessi, sicurezza, programmazione. Ma quando vedi tutti uniti attorno all’evento, ogni sforzo è ripagato.
Com’è nata la collaborazione con Abela? Fin dall’inizio c’era l’idea di aggiungere una dimensione artistica a un torneo sociale?
Onestamente, è stato un grande incontro. Avevamo già collaborato con Puma nelle edizioni passate e quest’anno volevamo ampliare la nostra visione e portare qualcosa di nuovo. È stata PUMA—tramite Charly il brand manager, Gloire e Nailat dello studio creativo Utile—a metterci in contatto con Abela, il brand guidato da Ousmane e Femi. Hanno portato una visione creativa forte, perfettamente allineata con il nostro desiderio di fare le cose in modo diverso. L’estetica e i visual non servono solo per apparire bene—sono un mezzo per trasmettere messaggi potenti. Veniamo dallo stesso contesto sociale, e stiamo crescendo nei nostri rispettivi ambiti. Quella che era una partnership è diventata una vera fratellanza.
Quali sono i vostri piani futuri per la competizione?
Vogliamo andare ancora oltre. Far brillare Marsiglia a livello internazionale, magari espanderci anche in altre città. Continueremo a includere le donne (MarsCup Féminine) e le categorie giovanili (U14), che organizziamo già da due anni. Ma soprattutto, vogliamo mantenere la nostra libertà. La MarsCup è una voce che viene dalla strada—finché avremo storie da raccontare e persone da valorizzare, continuerà a esistere.
TEAM ABELA
Da dove arriva ogni maglia PUMA della MarsCup? C’era un concept dietro ciascuna che ha ispirato il design finale?
Ogni maglia nasce dal nostro profondo amore per il calcio. Fémi ha giocato per 10 anni e Ousmane per 9. Abbiamo voluto esplorare due direzioni distinte: una più orientata alla moda e l’altra al patrimonio calcistico. Uno dei design presenta l’“icosaedro troncato”, la forma geometrica alla base del classico pallone da calcio. L’altro adotta un motivo tartan, un riferimento a uno stile che ci appassiona molto in questo periodo. Insieme riflettono sia il nostro background sportivo sia le nostre attuali influenze creative.
Busserine, Cayolle, Castellane, ecc. Ogni maglia sembra raccontare una storia unica, ma qual è la più speciale?
La Viste, senza dubbio: non solo sono stati i campioni della scorsa stagione, ma quando abbiamo chiesto quale giocatore avesse quel tocco tecnico speciale, quello che ti fa venire i brividi mentre gioca, la risposta è stata unanime: Bilel Maedine. Per questo appare nella nostra campagna video: una scelta naturale per incarnare lo spirito del gioco.
Era nei piani che Abela diventasse significativa o è stato un processo naturale di inserimento nel mondo del calcio?
Onestamente, siamo sempre stati grandi appassionati di calcio. Abbiamo disegnato diverse maglie negli anni—inizialmente solo per noi stessi, per pura passione. Quindi far parte del mondo del calcio ci è sempre sembrato naturale. È parte di ciò che siamo ed è profondamente radicato nell’identità di Abela. Siamo anche ispirati da giocatori che uniscono eleganza, personalità e talento come Balotelli, Beckham, Henry, e la nuova generazione: Koundé, Leão, Lamine Yamal. Sono giocatori che vedono il calcio come qualcosa di più di un gioco: è un palcoscenico culturale, un modo per esprimere individualità e stile. Ed è proprio questo lo spirito che vogliamo trasmettere con Abela.
Com’è nata la collaborazione con PUMA? È stato naturale fin dall’inizio?
La collaborazione è nata in modo piuttosto naturale, attraverso una serie di connessioni. Abbiamo incontrato Irfane durante un torneo di calcio in cui stava giocando contro di noi. Ora lavora per Dépendant, la casa di produzione che ha gestito il servizio foto e video. Alla fine ha parlato di noi a PUMA. Avevamo già un buon rapporto con il brand manager Charly e con Nailat dello studio creativo Utile, che guida le PR creative e i progetti originali per PUMA. C’era sempre stata una stima reciproca; si trattava solo di trovare il momento giusto. Quando è nato il progetto calcistico, tutto si è allineato perfettamente.



















































