I tifosi stanno diventando cringe? The United Strand è solo il caso più recente

Il tifo ha raggiunto nuove frontiere. Mai come in questi ultimi anni si ha la sensazione che il confine tra cosa sia imbarazzante oppure no sia stato spostato per non dire eliminato del tutto. Uno degli ultimi casi riguarda Frank Ilett, il tifoso che ha deciso di non tagliarsi più i capelli sino a quando il Manchester United non vincerà cinque partite consecutive tra tutte le competizioni e di testimoniare il tutto con post quotidiani sulla sua pagina Instagram, The United Strand. Da quando ha iniziato, 5 ottobre 2024, i Red Devils non hanno ancora centrato quella striscia di risultati e nel frattempo Ilett è diventato una sorta di culto social, amplificato dai media che hanno scoperto la sua vicenda, per via della sua capigliatura trasandata che continua a gonfiarsi giorno dopo giorno. Ilett è stato abbastanza furbo per trasformare questa notorietà in un piccolo business: ha un e-commerce e una pagina su Cameo per registrare saluti a pagamento. Forse questo era l’obiettivo sin dall’inizio, trasformarsi in un fenomeno social virale così da guadagnare follower e creare una community legata alla squadra con più tifosi al mondo, ma ora che la sua trovata è stata legittimata dal mainstream non resta che chiedersi fino a dove possa arrivare il tifo. Ci si può umiliare in questo modo? Siamo davvero costretti a rendere ridicolo ogni aspetto della nostra vita?

L’arte di sapersi distinguere dal resto del gruppo ha radici profonde: negli anni ‘40 Oreste Bolmida era l’uomo incaricato di suonare tre squilli di tromba come segnale che dava il via al Quarto d’ora granata, ovvero il momento della partita in cui il Grande Torino spezzava la resistenza degli avversari per ottenere la vittoria. E se questo esempio porta con sé una dose di romanticismo, un primo ricordo di tifo folkloristico appartiene a Didi Senft ovvero l’uomo travestito da Diavolo che a sue spese seguiva Giro d’Italia e Tour de France per correre dietro ai ciclisti. Un altro caso è quello di Mario Fiore, il tifoso che si presentava a San Siro oppure al Pino Zaccheria di Foggia travestito da Diavolo con tanto di trucco rossonero. Infine Federico Buffa ha svelato all’Italia la storia più incredibile, quella di Clipper Darrell: un uomo che ha dedicato la sua intera vita ai Los Angeles Clippers arrivando a vestirsi sempre con un completo metà rosso e metà blu, guidando una BMW metà rossa e metà blu. Per decenni l’unico motivo di interesse verso i Clippers sino a quando gli stessi Clippers decisero di tagliare qualsiasi rapporto per uso inappropriato del nome.

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Ilett non è l’unico caso nel calcio. Il Real Madrid ha creato la Grada, un intero settore dello stadio Santiago Bernabeu dove si entra solamente vestiti di bianco dopo aver sottoscritto un contratto con il club in cui ci si impegna a sostenere sempre e comunque la squadra senza contestare o esporre simboli di qualsiasi ideologia politica. Situazione simile all’Allianz Arena di Monaco di Baviera dove i dipendenti della Deutsche Telekom possono entrare gratis allo stadio, partecipando ad una lotteria oppure ottenendo un biglietto direttamente dall’azienda, a patto che indossino una mantellina bianca così che si possa disegnare la T logo del brand in un punto preciso dello stadio. Per non citare le centinaia di bambini che vanno allo stadio armati di cartelli per chiedere la maglia al proprio beniamino, pratica che si è diffusa a macchia d’olio in ogni stadio d’Europa tanto che Ajax e PSV lo hanno vietato nei rispettivi impianti. Infine c’è la schiera di telecronisti tifosi come Mauro Suma, le cui esultanze diventano meme su TikTok.

Di casi simili ce ne sono anche al di fuori del calcio. Nel football americano, in particolare a livello collegiale, non mancano mai tifosi a petto nudo dipinti con i colori sociali della squadra e magari con una lettera disegnata. Un’usanza ripresa sempre negli Stati Uniti a livello collegiale ma con il basket. Ai Gran Premi di Formula 1 non è raro imbattersi in tifosi bizzarri, come i sei ragazzi che in occasione dell’ultimo Gran Premio di Monza si sono vestiti da Papa con un cappello sul quale compariva il logo Ferrari. Nel tennis i Carota Boys possono essere definiti gli ultras di Jannik Sinner, un gruppo di ragazzi che segue il tennista italiano in giro per il mondo indossando dei vestiti a forma di carota. Nella loro bio ufficiale spiegano che quello che nacque come un gioco, grazie anche all’aiuto di sponsor, si è trasformato: "in una community di tifosi, amici, appassionati. Un’idea che unisce, diverte, racconta il tennis da una prospettiva nuova: quella di chi lo vive col cuore, con ironia e con tanta, tantissima passione". Anche in questo caso va sottolineata la bravura di intercettare il momento trasformando un’idea in un’attività remunerativa con gadgets, watch party e collaborazioni. Poi c’è il rovescio della medaglia: oggi è possibile ancora tifare senza doversi per forza inventare qualcosa di cringe?