
Il tennis come se fosse il calcio La Coppa Davis vuole diventare l'equivalente del Mondiale
C’è un periodo dell’anno in cui il tennis perde la sua connotazione aristocratica per avvicinarsi in maniera decisa a qualsiasi altro sport di squadra. È la Coppa Davis, il torneo per nazioni che equivale al Mondiale di calcio, come d’altronde recita il claim The World Cup of Tennis. In questo contesto, ad esempio, anche i tifosi diventano più accesi. Intendiamoci, il pubblico di una partita di tennis non è mai neutro nel corso di una partita. A seconda delle location e di chi scende in campo, uno spettatore decide se sostenere un giocatore oppure il suo avversario. Ad esempio alle edizioni 2025 del Roland Garros e degli US Open il pubblico si è schierato in maggioranza dalla parte di Carlos Alcaraz mentre a Wimbledon si è avuta la sensazione che gli spettatori del Centrale avessero una preferenza per Jannik Sinner, sentimento questo portato all’estremo in occasione delle ATP Finals giocate a Torino.
Perché ci sono gli allenatori in panchina?
La Coppa Davis però esula dal resto della stagione tennistica perché, come hanno spiegato più volte gli stessi giocatori, i tennisti non scendono in campo per sé stessi ma per una squadra. È una sensazione diversa, che anche noi dall’esterno possiamo facilmente percepire attraverso diversi elementi. Il primo è che i giocatori indossano tutti la stessa divisa, o per lo meno, scendono in campo con la stessa combinazione cromatica dato che i kit da gioco vengono forniti dai singoli sponsor dei tennisti e non da quello di riferimento della federazione. Un altro aspetto che permette al tennis di trasformarsi in qualsiasi altro sport di squadra in occasione della Coppa Davis è il fatto che i giocatori in panchina possano contare sul proprio allenatore. Tecnicamente è il loro capitano non giocatore, questo il nome ufficiale, e ad ogni cambio di campo è libero di scambiare due parole con loro al contrario di quanto accade durante i tornei ATP in cui gli allenatori sono relegati al loro corner e pur essendo autorizzati a parlare con il loro giocatore, lo fanno in maniera clandestina. In più questa immagine vista alla televisione restituisce la sensazione di un confronto tra un giocatore e uno spettatore qualsiasi.
Il ruolo dei tifosi
Come detto, poi, c’è la componente del tifo. I tennisti durante la Coppa Davis non solo competono per una squadra, ma rappresentano la loro nazionale. E questo aspetto inevitabilmente porta con sé un carico di patriottismo che dagli spalti viene riversato in campo attraverso urla ed esultanze più spinte rispetto a quelle dei tornei ATP oppure WTA. O per lo meno, questo accade quando in campo scende la squadra padrona di casa dato che l’attuale formato del torneo, con le Final 8 giocate in sede unica, di fatto ha trasformato la Davis in un torneo in campo neutro per le altre sette squadre. Si tratta di una conseguenza della riforma voluta da Kosmos Holding, ovvero la società fondata da Gerard Piqué che nel 2019 ha rivoluzionato il format della Coppa Davis imponendo la sede unica. Prima di questo passaggio, le sfide di Coppa Davis seguivano un classico formato ad eliminazione diretta al meglio delle cinque partite con una nazione che giocava in casa ed una che giocava in trasferta. Questo non solo significava che la superficie delle partite cambiava a seconda della location (in uno stesso turno una sfida poteva giocarsi su terra ed una su erba) ma anche che l’atmosfera era più accesa.
Come può cambiare la Coppa Davis?
Il passaggio ad una sede unica per la fase finale ha rappresentato una svolta epocale per la Coppa Davis, facilitando la transizione da quello che era un torneo estenuante, disputato nell’arco di un’intera stagione con sfide sparse in giro per il mondo, a una manifestazione one shot concentrata in pochi giorni. L’idea di rendere il torneo come l’equivalente del Mondiale del tennis è stata la naturale conseguenza ma al momento questo torneo non è ancora percepito come tale. Non lo è per il pubblico: i più giovani lo vedono come un qualsiasi torneo di tennis mentre le generazioni precedenti guardano con nostalgia al vecchio formato ritenendo l’attuale versione poco più di un’esibizione. Non lo è nemmeno per i giocatori, poco motivati a prendere parte ad una manifestazione che in primis non assegna punti ATP e che soprattutto si tiene ogni anno al termine di una stagione estenuante in cui il calendario non lascia spazio al riposo. Anche per questo motivo gli stessi giocatori stanno spingendo per un nuovo cambio di format, mantenendo la soluzione attuale della Final 8 ma disputata ogni due oppure tre anni. L'obiettivo è quello di suscitare nei tennisti lo stesso desiderio di partecipare a una rassegna per nazionali che si riscontra, ad esempio, per i Giochi Olimpici.






















































