L'ascesa della sartoria tecnica nella moda F1 Da Ferrari a Maison Margiela, passando per Lewis Hamilton e A-COLD-WALL*

Per decenni, la F1 è stata la patria spirituale delle tute ignifughe, di monoscocca in fibra di carbonio e dei loghi degli sponsor grandi quanto una citycar. La moda, nel senso più pregiato del termine, era relegata ai margini tra divise accorciate delle grid girl, cappellini da baseball brandizzati e, forse, un dress code da yacht party a Monaco. Ma, da qualche parte tra la Netflixizzazione dello sport con Drive to Survive, che ha fatto per la F1 ciò che HBO fece una volta per le famiglie mafiose, e Lewis Hamilton che si presenta ai weekend di gara come una moodboard di Comme des Garçons, è accaduto qualcosa di inaspettato: la F1 è diventata moda. Ora, è il turno della sartoria di prendere il volante.

Lo stile motorsport è entrato nella sua prossima fase: la sartoria tecnica. Non il tipo di sartoria che si associa a Savile Row o Savonarola, ma qualcosa di decisamente più dinamico: blazer a strati performanti, completi in nylon balistico, sfiati aerodinamici, revers in neoprene e abiti progettati sia per la sala riunioni che per il muretto box. È il meeting del consiglio d'amministrazione che incontra la galleria del vento e, per quanto improbabile possa sembrare, funziona.

Ferrari

Al centro di questa manovra di sorpasso stilistico c’è Ferrari, da sempre emblema canonico del lusso a combustione, ora trasformata in avatar inaspettato del design d’avanguardia. La collezione Ferrari x Puma 2025 mostra questa mutazione estetica a tutto gas. Addio agli schemi prevedibili di loghi e felpe rosse Scuderia dedicate a tifosi e appassionati. Al loro posto troviamo silhouette sartoriali affilate in nylon ad alta densità, cuciture ispirate alle tute da gara e revers marcatamente esagerati che ricordano le prese d’aria alettate di una Ferrari. La sartoria qui non è un’aggiunta: è la base.

Forse nessun altro pilota ha accelerato questa rivoluzione stilistica quanto Sir Lewis Hamilton, titolare indiscusso della cattedra di stile della F1. Le collaborazioni di Hamilton con Tommy Hilfiger sono diventate sempre più architettoniche col passare delle stagioni, culminando in una serie di completi tecnici che si collocano tra l’uniforme da cerimonia stile Air Marshal e il guardaroba distopico di un architetto. Cuciture saldate, profili riflettenti, pannelli in mesh a strati: non sono semplici vestiti, ma uniformi ad alta tecnologia per il campo di battaglia dei paparazzi.

Fuori dal paddock

Eppure questo movimento non è confinato alla nobiltà del paddock. Brand lungo tutto lo spettro della moda stanno scavando con sorprendente serietà nelle ricche vene estetiche del motorsport. La Linea Rossa di Prada, un tempo nota a piè di pagina dell’abbigliamento sportivo, è tornata alla ribalta abbracciando il linguaggio visivo della F1: utilitarismo slanciato a righe rosse, minimalismo tagliente come il vento, e sartoria nata per sopravvivere a una curva a forza G.

Maison Margiela, che non perde mai un passo nella moda intellettuale, ha iniziato a realizzare sartoria decostruita con tessuti tecnici ad alte prestazioni, sussurrando i codici della pragmaticità da pit-lane all’orecchio dell’haute couture. E A-COLD-WALL*, da sempre la cocca dello streetwear con ambizioni architettoniche, ha preso l’estetica dell’isolamento da bordo pista e l’ha tradotta in blazer asimmetrici con schiene ventilate e chiusure magnetiche — essenzialmente abbigliamento sportivo per chi risolve il cambiamento climatico in PowerPoint.

Aston Martin, il più bondiano dei costruttori, ha spinto forte anche nella corsa alla moda. La sua collabo con Hackett, un marchio un tempo noto per i suoi educati impermeabili Chelsea, ha dato vita a collezioni tutt’altro che timide. Le produzioni per il 2025 includono trench tecnici strutturati con cuciture rinforzate, completi plissettati in merino performante e blazer con zip nascoste, flap anti-tempesta e loghi tagliati al laser. È abbigliamento da box, ma con timbro Savile Row.

Ergonomia esecutiva

Ciò che tutti questi marchi hanno riconosciuto, con una certa astuzia, è che lo stile F1 non è solo veloce: è disciplinato. In un mondo in cui la moda spesso si crogiola nell'informale (fit squadrati, proporzioni ironiche, disordine post-normcore), il motorsport offre l’antitesi: vestiti progettati per uno scopo. Abiti che si muovono con te, non nonostante te. In molti modi, la sartoria tecnica è il nuovo power dressing in un contesto del XXI secolo in cui la forza sta nella mobilità, nell’utilità e nella fabbricazione iper-specifica. Potremmo chiamarla ergonomia esecutiva, un modo di vestire che comunica serietà d’intenti lasciando intuire la possibilità di cambiare una gomma durante una riunione. Un blazer sartoriale con sottomanica elasticizzata e fodera traspirante non solo valorizza il corpo; valorizza l’idea che questo corpo stia andando da qualche parte. In fretta.

L’ironia, ovviamente, è che il consumatore medio non toccherà mai il volante di una SF-24, né salterà da un muretto nel turbine di polvere dei freni e team radio. Ma è proprio questo il punto: la fantasia della performance, distillata nel tessuto. Indossare un blazer taglio Ferrari in nylon balistico non è più assurdo che indossare scarponi da trekking a Soho o occhiali da pilota senza avere il brevetto di volo. La sartoria tecnica è l’illusione della prontezza all’azione, al movimento, alla velocità, al prossimo passo. È la risposta della moda al conto alla rovescia del semaforo: pronti alla partenza. Oltre l’estetica, l’aspetto tecnico non è un semplice espediente. Stiamo parlando di lane traspiranti, fodere con infusione di Kevlar, cuciture che regolano la temperatura, polsini regolabili nascosti sotto revers tradizionali. I designer hanno preso ispirazione dalle tute da gara Nomex, dai compositi in carbonio, persino dalla mappatura del flusso d’aria, e le hanno tradotte in abiti che si potrebbero indossare un martedì a un panel finanziario con l’aria condizionata al massimo.

Naturalmente, nulla di tutto ciò avrebbe senso se non avesse un aspetto fantastico, e ce l’ha. Le linee pulite, la tensione, la sensazione che anche da fermi si sia già in movimento. Questa è sartoria per l’era algoritmica: precisa, lucida, e appena abbastanza aerodinamica da comunicare che potresti, da un momento all’altro, virare verso qualcosa di straordinario. Dove si collocano, dunque, i tradizionalisti, i signori col gessato e i guerrieri pettinati della vecchia sartoria? Forse un po' confusi, ma non obsoleti. La sartoria, come ogni grande linguaggio del design, è in continua evoluzione. Così come il motore a combustione interna ha lasciato il posto a motori ibridi, anche l'abito in lana e lino si adatta alla velocità della cultura.