C’è davvero bisogno di così tante livree speciali in F1? L'equivalente degli anniversary kits nel calcio

Lo abbiamo ripetuto a più riprese, la F1 è all’apice della sua popolarità. Non ci sono dubbi a riguardo. I ricavi sono alle stelle, la notorietà è cresciuta a dismisura grazie a Drive to Survive costringendo ogni sport a sviluppare la propria serie Netflix per restare al passo. E come se non bastasse, è arrivato anche un film, anzi un blockbuster curato da Apple TV+ con Brad Pitt protagonista e prodotto tra gli altri da Lewis Hamilton. I piloti sono delle superstar globali e anche per questo motivo i brand, fashion e non, stanno facendo a gara per mettere un piede nel paddock. All’orizzonte poi sembra esserci un’ulteriore crescita dettata dal nuovo regolamento tecnico che entrerà in vigore dal 2026 e che ha spinto colossi dell’automotive come Audi e Cadillac a sviluppare un proprio progetto F1. Non c’è dubbio che Liberty Media, l’azienda statunitense che controlla la F1, abbia compiuto un capolavoro nel rilanciare a livello globale l’immagine di questo sport riuscendo a trovare nuovi tifosi anche in contesti inimmaginabili sino a qualche anno fa. In questo contesto di continua crescita ed espansione ci sono comunque degli aspetti meno positivi.

Ad esempio, c’è davvero bisogno di realizzare così tante livree speciali? Dalla prima gara stagionale a Melbourne in Australia all’ultima che si è corsa nel weekend a Silverstone, quindi 12 Gran Premi in totale sui 24 previsti dal calendario 2025, abbiamo già visto nove livree speciali che coinvolgono sei scuderie differenti. E il numero è destinato ad aumentare perché un po’ come nel calcio accade con gli anniversari kits, c’è sempre un’occasione buona per sviluppare una livrea speciale. Intendiamoci, non sempre è un male. Le Racing Bulls rivisitate da Slawn sono un capolavoro estetico che segnala come la F1 non abbia paura di contaminarsi con l’arte contemporanea. Altri casi però, come le Ferrari parzialmente blu viste a Miami per fare un esempio, sono esclusivamente delle trovate commerciali che si fa fatica a giustificare.

L’idea di ridefinire la tradizione provando a innovare canoni estetici che sembrano scolpiti nella pietra si sta diffondendo in ogni sport. Qui però siamo oltre. Semplicemente non si sente il bisogno, non in questa misura. Se ogni weekend ci troviamo davanti ad una livrea speciale, allora poi la normalità diventa l’eccezione e non è questo il senso. In parte è lo stesso discorso che in passato abbiamo applicato ai caschi dei piloti, i continui cambiamenti cromatici rendono più difficile la fidelizzazione. Più in generale confondono gli spettatori, sia che essi siano fedelissimi della domenica sul divano o, a maggior ragione, occasionali che magari la settimana successiva restano spiazzati dal non ritrovare in pista quella macchina con la livrea laminata oppure decorata con disegni. Le livree delle monoposto sono l’asset estetico più importante per una scuderia di F1, l’equivalente dei colori sociali per una qualsiasi squadra professionistica. I continui cambiamenti hanno il solo effetto di sminuire questo valore e di rendere noioso un processo creativo che se fatto nei tempi e nei modi giusti può portare a dei capolavori senza tempo in grado di rimanere per sempre nella storia dello sport ma soprattutto nella memoria degli appassionati.