
Il Mondiale per Club vuole diventare il nuovo SuperBowl
L'americanizzazione del calcio e il ruolo degli halftime show
11 Giugno 2025
Anche l'edizione 2025 della finale di Champions League si è aperta con uno spettacolo musicale. E anche stavolta, come in ogni precedente o quasi, lo show ha riscosso poco successo. Dopo Camila Cabello (Parigi 2022), Anitta & Burna Boy (Istanbul 2023) e Lenny Kravitz (Londra 2024), il palcoscenico nel 2025 è toccato ai Linkin Park, che a ridosso della sfida tra Inter e Paris Saint-Germain si sono esibiti sul campo dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera; con la voce di Emily Armstrong accompagnata dalla ricostruzione virtuale di quella dell’ex frontman Chester Bennington, e con intorno tutto l’allestimento visivo di luci, coreografie e corpo di ballo dell’ormai abituale Kick Off Show targato Pepsi.
Il gruppo californiano ha eseguito il classico condensato di repertorio che ci si aspetta in occasioni del genere: un paio di hit storiche alternate a brani più recenti, una manciata di minuti dal ritmo forsennato, e via. Con le squadre pronte a uscire dal tunnel degli spogliatoi e il campo da liberare più in fretta possibile, una scena ormai routinaria all’atto finale di Champions League. Il primo esperimento risale al 2016, con Alicia Keys, seguita da Black Eyed Peas, Dua Lipa e Imagine Dragons; dal 2021, poi, la definitiva istituzionalizzazione dell’evento, con la sinergia tra UEFA e Roc Nation, agenzia ed etichetta discografica newyorkese fondata da Jay-Z. E così nel tempo lo show è diventato una presenza familiare, ma senza dare mai l’impressione di appartenere davvero a questo ambiente, né di essere il benvenuto. L’unica costante, semmai, è stata la freddezza.
Resistenze europee
“Spazzatura”, ha commentato senza giri di parole Marco Van Basten, leggenda con le maglie di Milan e Ajax, e con un trascorso negli uffici FIFA. “Assoluta spazzatura, ed è una disgrazia che la UEFA permetta cose del genere”. Più sobria, ma non meno incisiva, la reazione di Gary Lineker, ex calciatore e noto opinionista inglese: “la UEFA ci ha provato ancora una volta con lo show prepartita, ma questo non è il SuperBowl”. Le sue parole racchiudono un pensiero popolare nel vecchio continente, e forse il motivo per cui le esibizioni pre-finali di Champions League suonano sempre stonate. Ed evidentemente, al netto delle preferenze personali e delle ultime due scelte non molto contemporanee (Lenny Kravitz e Linkin Park), il punto non sono i meriti o demeriti di chi era sul palco.
In un editoriale pubblicato su The Guardian settimana scorsa si sposta giustamente l’attenzione sul contesto: “è sembrato un confuso tentativo di mixare nostalgia pop e sentimentalismo artificiale”, scrive Jonathan Liew, “ma qualunque cosa fosse, nel calcio non funziona. La UEFA continua a insistere su un format in stile americano prima della partita più importante dell’anno, con la speranza di ampliare il proprio appeal globale, ma il pubblico calcistico non lo ha mai chiesto”.
In effetti anche tra gli spettatori in pochi sembrano aver gradito il pre-match show. Un prodotto che - come diceva Lineker e sottoscritto da migliaia di utenti sui social - oltre al nome, alla produzione, allo sponsor e all’origine del gruppo invitato, continua a sembrare troppo americano. Cioè troppo distante dai gusti e dalle abitudini locali, e indigesto ai tanti che sopportano a fatica l’espansione del modello di intrattenimento sportivo d’oltreoceano.
Il Mondiale per Club
Il discorso è destinato a restare d'attualità in occasione dei due grandi eventi FIFA all’orizzonte: il Mondiale per Club 2025, al via nei prossimi giorni, e quello per nazionale del 2026. Gli Stati Uniti saranno sede di entrambi, e prevedibilmente l’extracampo verrà plasmato con logiche diverse dalle nostre abitudini, e magari più vicine a quelle, per esempio, del SuperBowl di NFL (football americano) o di altre piattaforme come l’NBA All-Star Game (basket), le World Series (MLB, baseball) e il Winter Classic (NHL, hockey).
Secondo quanto lasciato intendere dalla stessa FIFA, nel Mondiale per Club avremo un primo assaggio di tutto ciò. Il comitato organizzativo ha confermato a ESPN che “si sta valutando l’introduzione di spazi performativi” per arricchire l’esperienza dei tifosi. E quindi: halftime show nelle fasi finali del torneo durante l’intervallo: per la finale in programma il 13 luglio presso il MetLife Stadium è stata ufficializzata una performance con J Balvin, Doja Cat e Tems curata da Chris Martin. Verrà sfondato un muro ancora intatto in Europa, oltre a eventi di contorno per le grandi partite e partnership con colossi dell’entertainment come Live Nation e Roc Nation. Un ampio ventaglio di attivazioni pensate per i tempi televisivi e per parlare con audience sempre più vaste - e prima di tutto, un grande test in vista dell’estate 2026, quando le nazionali di tutto il mondo viaggeranno tra le città di Stati Uniti, Canada e Messico.
Se la strategia e la direzione sono chiare, resta da capire se tutto questo riuscirà davvero a entrare in sintonia con il pubblico del calcio, che è composto in larga misura da tifosi europei poco inclini a questo tipo di spettacolarizzazione. In ambito UEFA fino ad oggi la reazione è stata piuttosto fredda, ma nei prossimi mesi cambierà qualcosa, con gli Stati Uniti che giocheranno in casa e faranno le regole, e il pubblico europeo davanti allo schermo. Potrebbe essere un’occasione di avvicinamento, o di ulteriore allontanamento, tra due modelli sportivi e culturali molto distanti.