Come nasce la maglia iridata dei Mondiali di ciclismo? E quali regole bisogna seguire?
Il ciclismo si appresta a vivere un momento storico: la 98esima edizione dei Campionati del mondo di ciclismo su strada si disputeranno in Rwanda. Si tratta del primo Mondiale della storia nel continente africano. Le due cronometro élite apriranno il programma domenica 21 settembre mentre la prova in linea élite maschile concluderà i Mondiali il 28 settembre. Una settimana di gare che distribuiranno una delle maglie più ambite ed iconiche del ciclismo: l’iride. Una maglia è simbolo di storia, con quelle cinque barre colorate su fondo bianco che si tramandano di generazione in generazione senza mai perdere un briciolo della loro magia. Questo perché per realizzare quella maglia bisogna seguire fedelmente delle regole ben precise stabilite dall’Union Cycliste Internationale (UCI). A Bergamo lo sanno bene perché la maglia con l’iride porta la firma di Santini, l'azienda italiana che dal 1988 è il partner ufficiale di UCI.
“Quelle righe hanno tutta una serie di vincoli - ci spiega Monica Santini, amministratore delegato della società - . Credo che noi sappiamo meglio di chiunque altro come possa essere utilizzata l’iride. A volte noi cerchiamo di spingere l’UCI un po' oltre, e devo dire che alcune volte hanno anche assecondato le nostre proposte, altre volte invece ci hanno detto che volevano essere molto tradizionali e classici”. Il primo vincolo è senza dubbio la disposizione dei colori, che non può essere modificata: blu, rosso, nero, giallo e verde. In seconda battuta non può essere cambiata la tonalità di questi colori in quanto l’UCI ha registrato i rispettivi Pantone dei cinque colori. Nessuna deroga sul posizionamento dei loghi e dello spazio massimo che può essere utilizzato. Ad esempio il logo UCI deve sempre comparire in alto sinistra utilizzando il formato preventivamente approvato, per cui un rettangolo in cui lettere nere vengono applicate su fondo bianco e con una piccola iride a chiudere il lato sinistro per un'area massima di 35 centimetri quadrati.
Una libertà estetica che concede UCI è la grandezza delle barre, orizzontali oppure verticali a seconda del punto in cui vengono applicate, il petto oppure il collo. "Però devono avere tutte le stesse dimensioni - sottolinea Fergus Niland, Creative Director di Santini - Ci sono degli aspetti che possiamo controllare, come i materiali. Ad esempio anni fa abbiamo lavorato sui materiali riciclati perché si voleva andare in quella direzione. Poi ovviamente se vogliamo cambiare materiale, dobbiamo fare in modo che poi i colori una volta applicati rispettino gli standard. Alla fine l'UCI è un’entità politica, un'istituzione con cui si deve collaborare attentamente per la creazione di prodotti commerciali".
"Un’altro aspetto che dobbiamo sempre prendere in considerazione è che quando presentiamo una collezione a UCI, dobbiamo sempre presentare sia una linea dedicata al ciclismo maschile sia una linea dedicata al ciclismo femminile", aggiunge Paola Santini, Marketing Manager dell’azienda. Santini è uno dei pionieri dell’abbigliamento cycling e proprio per questo motivo è stato uno dei primi brand a lavorare con UCI, prima come fornitore e poi con una collaborazione divenuta ufficiale nel 1988 quando il logo Santini è cominciato a comparire sulla maglia iridata. In quasi 40 anni di partnership, tra le parti si è sviluppata una fiducia reciproca che oggi permette a Santini di essere anche official merchandiser di UCI e quindi di poter replicare l’iride in alcune delle sue linee come ad esempio Nations Line ovvero la collezione di maglie da ciclismo che celebra le nazioni che hanno ospitato alcune delle edizioni più iconiche dei Mondiali UCI.
Detenere i diritti commerciali permette anche a Santini di essere l’unico brand che può vendere la maglia ufficiale. "Il nostro prodotto è solo quello che si vede sul podio del Mondiale - ci spiega ancora Monica Santini -. Dal giorno dopo, se il ciclista vincitore vuole indossare la maglia iridata, sarà la sua squadra a realizzarla. Questa squadra può fare tutto quello che è necessario per vestire il campione del mondo per tutto l'anno successivo, senza però detenere i diritti commerciali. Se Pogacar dovesse vincere, Pissei (sponsor di UAE Team Emirates, squadra di Pogacar nda) può produrre la maglia e tutto il materiale necessario per vestirlo come un campione del mondo ma non potrà vendere quei prodotti a meno che non paghi delle royalties a UCI. Se invece dovesse vincere un atleta che corre per un team sponsorizzato Santini, come ad esempio è accaduto con Mads Pedersen della della Lidl-Trek nel 2019, allora noi potremmo vendere anche la maglia iridata di quella squadra".
I Mondiali in Africa, al netto di qualche problema logistico che ha costretto l’azienda ad affrontare più burocrazia di quella preventivata, rappresentano un nuovo capitolo in questa lunga partnership tra Santini e l’UCI. "Noi come partner - conclude sempre Monica Santini - abbiamo voluto essere a bordo e supportare UCI che, il suo presidente in primis, ha voluto fortemente il primo Mondiale in Africa. Siamo curiosi. Chissà come sarà, magari sarà il primo di molti".