
La maledizione italiana nelle finali europee in Germania
E un po’ di dietrologia storica di PSG-Inter
29 Maggio 2025
Road to Munich, ultima fermata. Sabato sera sul prato dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera si chiuderà la stagione del calcio europeo, con la sua partita regina: la finale di Champions League. Le sfidanti nel 2025 sono Paris Saint-Germain ed Inter, in un confronto sulla carta molto equilibrato - i bookies vedono il PSG leggermente favorito - e di certo inedito, su questo palcoscenico e non solo. Se nelle finali del nuovo millennio ci siamo abituati - in numeri, l’85% - alla presenza di almeno una squadra inglese o spagnola, stavolta tocca a un’italiana e una francese, e non accadeva da oltre trent'anni. In più, si tratta di un confronto letteralmente mai visto, tra due club che nell’arco di decenni si sono incrociati soltanto in una manciata di amichevoli estive.
Testa a testa
PSG ed Inter arrivano al grande giorno con umori e trascorsi abbastanza diversi. I primi hanno ipotecato il campionato da mesi e il weekend scorso hanno messo in bacheca anche la Coupe de France, battendo il Reims 3-0 nell’atto conclusivo. La squadra di Simone Inzaghi è reduce invece da una brillante campagna europea, ma in parallelo da una logorante - e per l’epilogo, frustrante - corsa Scudetto, che ha lasciato grandi rimpianti. Adesso all’orizzonte ci sono però i 90 minuti che in qualsiasi caso, e da entrambe le parti, orienteranno il bilancio su questa stagione. Tutto il resto è rimandato almeno di qualche giorno.
L’Inter è in finale per la settima volta nella sua storia, con tre vittorie e altrettante sconfitte all’attivo, e con un ricordo ancora fresco: la sconfitta di due anni fa a Istanbul, contro il Manchester City (0-1). Ventiquattro mesi dopo ecco allora la chance di riscatto, in un appuntamento che per Simone Inzaghi prima di chiunque altro profuma di consacrazione internazionale. I parigini dal canto loro puntano al primo successo nel torneo, e a quel sigillo di grandezza inseguito con tanta determinazione (e liquidità) da Al-Khelaifi e soci. Che sul palcoscenico più luminoso hanno un solo precedente: la delusione del 2020 contro il Bayern Monaco (0-1), nel silenzio pandemico di Lisbona. All’Allianz Arena si proverà a scrivere l’ultimo capitolo di una storia strana, imprevedibile, proprio in quello che avrebbe dovuto essere l’anno zero del post-Mbappé, e invece.
Italiane contro francesi
Scorrendo gli annali della massima competizione UEFA si può trovare una sola finale disputata tra un club di Ligue 1 e uno di Serie A. Si tratta di Marsiglia-Milan del 1993, una delle poche disfatte dei rossoneri in un’epoca aurea, nonché l’unica coppa con le orecchie mai finita in mani francesi. Anche quella volta peraltro si giocò a Monaco di Baviera, ma in uno stadio diverso - l’Olympiastadion - rispetto all’edizione corrente. Ed è partendo da qui che si intrecciano alcune “maledizioni” di vecchia data.
Il Paris Saint-Germain si presenta con l’immagine in testa di tutte le disfatte recenti nelle finali europee per i club francesi. Quindici in totale, con due vittorie soltanto: quella già citata del Marsiglia e la Coppa delle Coppe messa in bacheca dal PSG nel ‘96. Le altre volte è sempre andata male: cinque in Champions League (Coppa dei Campioni inclusa) ed Europa League (e Coppa UEFA), due nella defunta Coppa delle Coppe, una in Supercoppa.
Anche l’Inter e il calcio italiano si imbarcano con un tabù in valigia, seppur di natura più geografica. Nessuna squadra di Serie A infatti ha mai vinto una finale UEFA giocata in Germania, che si trattasse di Champions League (tre sconfitte) o di Europa League (una). Un dato, questo, che stride con i flashback dei nerazzurri in Baviera - starete pensando, secondo l’età, allo slalom gigante di Nicola Berti nel 1988, o al gol di Pandev nel 2011 oppure al più recente gol di Frattesi nei quarti di finale; che fa attrito anche con il trascorso della Nazionale azzurra, che in terra tedesca ha vinto la Coppa del Mondo 2006 (a proposito, battendo i francesi in finale).
Delusioni Anni ’90
Negli anni ’90 Monaco di Baviera fu teatro di due delle finali europee più indigeste per il calcio italiano. Nel 1993 il Milan arrivava da protagonista, da un ciclo che aveva dominato la scena europea (senza perdere in Coppa dei Campioni per 25 incontri consecutivi, un record). Quella sera, però, all’Olympiastadion si presentò una versione opaca del diavolo, e il Marsiglia vinse con un colpo di testa di Basile Boli (0-1). “Una delle poche finali in cui abbiamo sbagliato tutto”, dirà Capello, e una delle rare finali europee perse dal Milan targato Berlusconi (sei vittorie in nove apparizioni).
Quattro anni più tardi, stesso stadio e altra occasione mancata. Nel ‘97 la Juventus, campione in carica, affrontava il Borussia Dortmund da favorita, ma in un’atmosfera descritta dai tedeschi come “heimspiel”, una partita quasi casalinga. Del Piero segnò il primo e unico gol di tacco in una finale di Champions League, ma per la squadra di Marcello Lippi fu una serata da dimenticare (1-3), e per i bianconeri l’inizio di un’infelice tradizione; alimentata ad Amsterdam l’anno successivo, a Manchester nel 2003, e poi con le due finali post-calciopoli.
Delusioni recenti
Le finali “tedesche” non sono state un terreno di conquista nemmeno negli ultimi dieci anni. La Juve ci è tornata nel 2015, all'Olympiastadion di Berlino, trovandosi di fronte il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar. In panchina per i bianconeri c’era Massimiliano Allegri, alla prima stagione dopo l’addio di Conte, e dall’altra parte Luis Enrique, oggi protagonista con il PSG. Finì 3-1 per i catalani, la sesta sconfitta in finale nella storia della Juventus (un infelice primato ritoccato nel 2017 a Cardiff).
Da allora l’unica finale UEFA disputata in Germania risale a cinque anni fa, ancora con un’italiana: l’Inter di Antonio Conte. E ancora con esito beffardo. Pur essendo la più recente di questa lista, è probabilmente quella che ha lasciato ricordi meno nitidi nella memoria collettiva; non tanto per la partita in sé, quanto per il periodo - in piena pandemia, ad agosto - e per il palcoscenico meno luminoso dell’Europa League. In uno spettrale RheinEnergieStadion (Colonia) i nerazzurri vennero sconfitti dal Siviglia, vera e propria specialista del trofeo, alzato al cielo ben sette volte dal 2006 ad oggi. Fu una finale nervosa e caotica, in cui successe un po’ di tutto, ma il fermo immagine impresso negli incubi dei tifosi interisti è il maldestro tocco di Romelu Lukaku sotto porta - la propria, nell’autogol del definitivo 2-3 per gli spagnoli. E anche quella volta fu un rimpatrio amaro da una finale in Germania.
Ogni finale giocata da un club italiano in uno stadio tedesco è finita allo stesso modo: male, pur partendo il più delle volte con il favore del pronostico. Curiosità e cabala a parte, però, non si tratta di un mistero da decifrare, ma di una semplice sequenza di serate storte, che col tempo ha preso la forma di una maledizione. Ora tocca all’Inter, che si imbarca per Monaco di Baviera con un sogno: un viaggio di ritorno in cui i ricordi di Colonia 2020, e soprattutto di Istanbul 2023 e dello Scudetto appena sfumato, sembreranno più lontani.