
Il calcio negli Stati Uniti cambierà tantissimo con il Mondiale 2026 Tutti i probabili risvolti di un evento che intreccia politica, tradizione sportiva e molto altro ancora
Il Mondiale del 2026 è alle porte, più vicino di quanto ci immaginiamo: 32 anni dopo si torna a giocare una competizione calcistica così importante negli Stati Uniti, 32 anni dopo la finale di Pasadena. Il Mondiale sembra così vicino eppure non riusciamo a rendercene conto. Forse è perché le stagioni dei calciatori, dei club e delle Nazionali si sono molto allungate; il nuovo formato della Champions League prevede di base 8 partite consecutive (che diventano 10 in caso di playoff), molte Nazionali devono ancora completare la qualificazione al Mondiale a marzo, e i campionati delle principali leghe sono ancora a meno di un terzo del loro percorso. All’inizio del 2026 ci saranno anche le Olimpiadi invernali e, tra qualche settimana, è in programma la Coppa d’Africa.
Solo a pensare a tutti questi impegni, ciò che preoccupa maggiormente calciatori e club è probabilmente la possibilità di arrivare integri al Mondiale, evitando infortuni prematuri che possano compromettere la stagione in corso. Al contempo, i numerosi impegni distolgono parzialmente l’attenzione dei tifosi da un evento che si propone come dirompente e rivoluzionario per il calcio, sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo.
Ma si riuscirà davvero a cambiare il calcio come idea e la sua percezione negli Stati Uniti? L’attesa del Mondiale, il Mondiale stesso, i cambiamenti dello scenario politico e le iniziative che stanno nascendo in vista di questo evento di proporzioni macroscopiche sono pronti a delineare molte novità, che riguardano non solo il calcio giocato ai massimi livelli, ma anche lo street soccer, una sfumatura del calcio su cui gli Stati Uniti sembrano voler puntare fortemente.
L'accessibilità allo street soccer negli Stati Uniti
"Devo svegliarmi alle 6 per assicurarmi di avere un campo su cui giocare durante la giornata", ci ha spiegato Sem Kerr, fondatrice di Systemarosa. "Abbiamo dovuto faticare per trovare la location in cui giochiamo; prima eravamo in un altro campo e ora su questo. Nella nostra community siamo molto selettivi su chi far entrare. Abbiamo bisogno di persone affidabili, che si impegnino per la causa e abbiano a cuore il Chinatown Soccer Club, non di chi gioca solo una partita e basta", ci ha raccontato invece Gerhard Stochl, uno dei fondatori di Chinatown Soccer Club, una delle più antiche community di calcio di New York, nata nel 2002 e stabilitasi nel cuore di Chinatown.
In sostanza, il calcio e le sue infrastrutture raramente sono state "a thing" a New York, figuriamoci negli Stati Uniti in generale. E dunque lo sport raramente è stato accessibile nel vero senso della parola. Questo è iniziato a diventare un problema quando il calcio ha cominciato a popolarizzarsi e sempre più persone hanno voluto scoprire questo sport. Chinatown Soccer Club è una community nata da persone provenienti dal mondo dello skateboarding; a questo si aggiunge tutta una componente di calcio femminile (alla quale Sam appartiene orgogliosamente) e infine anche persone anziane, di ogni età, che fino al giorno prima non avevano mai mostrato interesse per il calcio. Un esempio recente è la community newyorkese Soccer & Croissants, fondata da Ella Jayes, che accoglie chiunque voglia provare a colpire un pallone.
Il programma 26 by 26
Per sopperire a questa carenza infrastrutturale, che rende difficile a molte persone praticare lo sport (e che, in generale, fallisce nella missione di scoprire lo street soccer per poi far avvicinare al calcio), è degna di nota l’iniziativa che porta la firma del New York City FC in collaborazione con l’allora sindaco della città, Eric Adams. Il progetto si chiama 26 by 26 e si propone di installare 26 mini campi in tutta l’area metropolitana della città. "Stiamo inaugurando il primo di 26 nuovi mini campi da calcio in tutta la città nell’ambito della rilanciata New York City Soccer Initiative, per aiutare i giovani a entrare in contatto con il calcio in comunità che per troppo tempo sono state trascurate. Stiamo rendendo il Queens la casa del calcio negli Stati Uniti e non vediamo l’ora di accogliere il mondo nella nostra città in occasione della Coppa del Mondo FIFA 2026", ha dichiarato Eric Adams il 2 giugno 2025.
"L’apertura di un nuovo campo alla P.S. 211 rappresenta un passo avanti importante nella nostra missione di creare spazi sicuri e inclusivi in cui i giovani newyorkesi possano giocare e crescere", ha aggiunto la vicesindaca Ana J. Almanzar. "In una città tanto diversificata e dinamica come la nostra, il calcio ha un potere straordinario di unire le comunità. E grazie ai nostri partner, tra cui NYCFC, questi 26 nuovi campi diventeranno vivaci centri di opportunità, ispirazione e connessione in tutti e cinque i boroughs". "La comunità è al centro di tutto ciò che fa il New York City FC, e la New York City Soccer Initiative è stato il programma comunitario più impattante a cui abbiamo lavorato sin dalla nostra fondazione. Abbiamo creato la più grande rete di calcio urbano del paese, e il taglio del nastro di oggi è un momento di grande orgoglio mentre inauguriamo il primo dei prossimi 26 mini campi in celebrazione della Coppa del Mondo FIFA 2026", ha dichiarato Brad Sims, CEO di New York City FC. "Il calcio è uno sport che unisce e avvicina persone di ogni provenienza, e la NYCSI lo sta rendendo più accessibile che mai ai newyorkesi. Insieme possiamo creare comunità più sane, sicure e connesse".
L'importanza dello street soccer per gli Stati Uniti
Oltre agli aspetti riportati nei paragrafi precedenti, evidenziati da Eric Adams, Ana J. Almanzar e Brad Sims, c’è un elemento che non può passare in secondo piano - o, quantomeno, non può essere non lasciato al vaglio di ipotesi. Gli Stati Uniti hanno bisogno dello street soccer perché, a differenza di sport come il basket, le giovani generazioni non hanno mai avuto modo di approcciare il calcio per strada, anche perché per strada si giocavano già troppi sport. Questo potrebbe rappresentare uno dei motivi principali dei limiti tecnici dei calciatori statunitensi: non aver mai avuto l’opportunità di affinare la propria tecnica al di fuori del sistema del classico youth soccer: a differenza dell’Europa, negli Stati Uniti la maggior parte delle famiglie paga per far giocare i figli nei club, ma comunque prima di arrivare ai club (Accademie MLS) i ragazzi possono avvicinarci al calcio anche con i club privati seguendo la modalità pay-to-play.
Dopo un recente viaggio a New York - lo stesso in cui abbiamo raccolto le testimonianze di Sam Kerr e Gerhard Stochl - più di qualcuno ci ha parlato di come il calcio, anche a causa del sistema educativo legato alle high school e alle università, sia sempre stato considerato uno sport white elitist: poco accessibile, limitato e circoscritto al sistema scolastico, e quindi caratterizzato da una scarsa multiculturalità. Su questo argomento ci ha parlato Lev Rosenbush, della soccer community Bowery FC, e la questione è stata confermata anche dai ragazzi della community di Wavy Footy, i quali hanno anche aggiunto che il programma 26 by 26 abbia il senso di accogliere tutti coloro che si affezioneranno allo sport e vorranno giocarlo in seguito al Mondiale 2026.
Da Eric Adams a Donald Trump e Zohran Mamdani
Competizioni enormi come un Mondiale sono ovviamente una sfida in cui politica e interessi giocano un ruolo inevitabile, con tutte le conseguenze del caso: basta guardare al Mondiale di Qatar 2022 per rendersene conto. La politica è ormai una componente fondamentale del calcio, anche negli Stati Uniti, e lo sarà ancora di più quando l’evento sarà alle porte. Se con Eric Adams, sindaco di New York, era partita la proposta del 26 by 26, con Donald Trump si è iniziato a considerare il calcio come uno strumento di soft power, un mezzo per riconquistare la simpatia del popolo e rafforzare l’influenza politica. Non potrebbe essere altrimenti, considerando le ripetute visite del presidente della FIFA, Gianni Infantino, all’Oval Office e le discussioni controverse che ne sono seguite, così come il suggerimento, da parte di Trump, della possibile presenza di Vladimir Putin negli Stati Uniti per assistere all’evento. Ma già prima erano rilevanti le politiche dell’amministrazione Trump in materia di immigrazione e dazi, che riguardano da vicino i due Paesi co-host del torneo, Messico e Canada.
Non c’è solo questo, però. Ci sono anche le numerose criticità emerse dal Mondiale per Club dello scorso luglio, disputato proprio negli Stati Uniti e indicato fin dal primo giorno come un test generale in vista del 2026: un mese di calcio che ha fatto emergere molte incognite - non ultime, e non trascurabili, le problematiche legate al clima - e poche certezze, a parte l’onnipresenza di Trump, apprezzata solo in parte dal pubblico internazionale. Eppure, secondo le promesse degli stessi presidenti USA e FIFA, si tratta di "un evento che può risollevare l’umore globale", per il quale "non vediamo l’ora di accogliere i tifosi".
Poi è arrivata l’elezione del democratico Zohran Mamdani - grandissimo appassionato di calcio e tifosissimo dei Gunners, già iconico lo scambio di poche ore fa con Héctor Bellerín - come sindaco della Grande Mela. Mamdani ha prontamente attaccato la FIFA per il sistema di dynamic pricing e, dunque, per l’esclusività dei prezzi delle gare del Mondiale 2026; è quindi normale che si crei una spaccatura con Donald Trump e che, soprattutto dopo il Mondiale del 2026, ci si possa aspettare che Mamdani dia ancora più importanza al calcio. In primis perché è un modo piuttosto semplice per instaurare una dialettica con il proprio popolo (e con una città multiculturale come New York), ma anche per scardinare l'idea che è arrivata fino al giorno d'oggi di calcio come sport elitario e poco accessibile.
Con Mamdani e con tutto ciò che verrà nel post-Mondiale, New York e gli Stati Uniti possono cavalcare l’onda di diversi sogni: giocare a calcio in più spazi, con meno attesa e con maggiore frequenza, senza pagare o senza pagare troppo. E, inoltre, sperare che tutta questa accessibilità allo sport favorisca più l’auto-creazione che la semplice "fabbricazione" di calciatori (neppure necessariamente di successo). Il Paese, grazie allo street soccer, potrà così ambire a una generazione di talenti più forte e autentica.





















































