La lista completa delle mascotte dei Giochi Olimpici Invernali Da Grenoble 1968 a Milano Cortina 2026

Più si avvicina l’inizio di Milano Cortina 2026, più cresce l’hype attorno alla manifestazione a cinque cerchi che si disputerà dal 6 al 22 febbraio. Inaugurati nel 1924 a Chamonix, i Giochi Olimpici Invernali hanno una particolare magia attorno, grazie agli spettacolari scenari montani dalle cime innevate dove si disputano. Ogni quattro anni le località sciistiche designate si fanno belle, vivendo alcune settimane di gloria sotto i riflettori internazionali. Per questo motivo la loro promozione è fondamentale, utilizzando diversi elementi cardine per accrescerne il successo. Tra questi, l’apposita creazione di una o più mascotte. Parte del brand identity della competizione, questi simboli commerciali, spesso visualizzati con animali oppure umanizzati, diventano l'associazione più immediata ad una determinata edizione dei Giochi. Concepiti come portatrici di valori olimpici e strettamente legate al territorio, le mascotte diventano poi gadget, personaggi animati e icone che finiscono in tutto ciò che riguarda la rassegna.

Le prime mascotte dei Giochi Invernali

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La prima mascotte dei Giochi Olimpici Invernali, anche se al tempo definito semplicemente come personaggio, è un omino con una testa bianca e rossa ed un corpo zigzagante blu, disegnato di Aline Lafargue. Il suo nome è Schuss, termine che in tedesco si riferisce alla discesa rettilinea ad alta velocità sugli sci, e dà il via ad una tradizione che da Grenoble 1968 rimane ininterrotta. Ad onor del vero l’edizione successiva di Sapporo, nel 1972, ha sì una mascotte ma non ufficiale, perché non riconosciuta dal Comitato Olimpico. Si tratta di Takuchan, un orso tibetano che va sugli sci con sciarpa e cappello verdi, realizzato dal reparto design della Seiko, sponsor dei Giochi. Per Innsbruck 1976 viene creato Schneemandl, un pupazzo di neve dal cappello tirolese rosso che riscuote grande successo. Ad affiancarlo una mascotte secondaria chiamata Sonnenweiberl, donna sole in dialetto austriaco. Quattro anni più tardi, a Lake Placid, troviamo Roni il procione in tuta da sci azzurra e guanti e stivali rossi. Il nome fa riferimento al termine con cui si chiama l’animale in dialetto irochese, tipico dei nativi dello Stato di New York. La scelta è stata piuttosto semplice, essendo il procione un simbolo dei Monti Adirondack.

Mascotte iconiche dagli anni ’80 ai 2000

A Sarajevo 1984, nell’edizione in cui l’Italia torna ad una medaglia d’oro dopo 8 anni, si presenta Vučko, un lupo dal pelo nero delle Alpi Dinariche. Per vedere la prima vera coppia di mascotte bisogna andare a Calgary 1988, dove si inaugura un trend poi ripetuto numerose volte. I fratelli Hidy e Howdy sono conosciuti anche come i Welcome bears. Con i nomi derivati di “hi” e “how do you do”, frasi simbolo dell'ospitalità tipica della regione di Calgary e più in generale canadese, questa coppia ebbe un successo commerciale straordinario per l’Olimpiade da sogno di Alberto Tomba, vincitore della medaglia d'oro sia nello Slalom Gigante che nello Slalom Speciale. Albertville 1992 è invece la rassegna invernale di Magique, la prima mascotte non animale nonché una delle più criptiche e complesse . Si tratta di un bambino stilizzato a forma di stella, simbolo di sogni ed immaginazione, che delineano braccia e gambe ed un busto cubico. Vestito di blu ed un cappello rosso a punta, ha scalzato l’iniziale mascotte che era un camoscio. In quest’edizione si vede inoltre per la prima volta la mascotte dei Giochi Paralimpici Invernali: è Alpy, una vetta montuosa monosci che rappresenta la Grande Motte.

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A soli due anni di distanza si disputa a Lillehammer la XVII edizione, quella dei record per l’Italia che conquista 7 ori e 20 medaglie in totale. Per la prima volta le Olimpiadi invernali si svolgono in un anno differente rispetto a quelle estive, così da avere, da allora, dei Giochi ogni due anni. Le mascotte sono Håkon e Kristin, due biondissimi bambini con indumenti vichinghi che si rifanno a personaggi storici del Medioevo: ad essere richiamati sono l’omonimo re di Norvegia dal 1217 al 1263 e sua zia, principessa che sposò il capo della tribù rivale per riportare la pace in una nazione divisa. Assieme a loro c’è Sondre, il troll con una gamba amputata ed un solo sci, mascotte paralimpica. Nel 1998, nelle Olimpiadi giapponesi di Nagano, è il turno di un quartetto di gufi delle nevi chiamati, per l'appunto, “Snowlets”. Sukki, Nokki, Lekki e Tsukki hanno linee quasi infantili, sono colorati ed ognuno rappresenta uno dei quattro elementi naturali. Oltre agli animali simbolo di saggezza, associati alla dea greca Atena, figura anche Parabbit, un coniglio bianco con orecchie verdi e rosse.

Dalle creature mitologiche al design contemporaneo

Simbolo di Salt Lake City 2002 è invece un trio di animali con forti richiami allo Utah e alle sue origini. Powder, una lepre bianca, Copper, un coyote dal pelo beige, e Coal, un orso bruno, richiamano la fauna del territorio e i loro nomi le sue risorse naturali. Ognuno di essi porta al collo una collanina con l’animale stilizzato che si ispira alle incisioni rupestri di antichi popoli della regione. Otto la lontra marina si aggiunge come mascotte paralimpica. Nel 2006 le Olimpiadi invernali tornano in Italia e lo fanno in grande stile. La fortunata rassegna di Torino ha come simboli inequivocabili un duo diverso dal solito formato da Neve e Gliz, rispettivamente una palla di neve ed un cubo di ghiaccio con sembianze umane. I due personaggi sono protagonisti addirittura di una serie Rai da 52 episodi che precede la competizione e le loro statue hanno trovato sede per quasi vent’anni in un parco del quartiere di Mirafiori Sud. Un fiocco di neve dall’eloquente nome di Fiocco completa il quadretto per le Paralimpiadi.

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A Vancouver 2010 troviamo invece Quatchi e Miga, due creature mitiche animalesche, popolari negli antichi racconti locali. Il primo è un sasquatch che vive nella foresta, rappresentato teneramente con paraorecchie azzurre ed un folto pelo. L’altro è un orso marino, incrocio tra un orca ed un orso Kermode. A conquistare un’inaspettata popolarità è stato però Mukmuk, spalla della mascotte paralimpica Sumi che rappresenta una rara marmotta autoctona. Sono senza un nome proprio le mascotte di Sochi 2014, con un trittico composto da una lepre, un orso polare ed un leopardo. La loro scelta ha creato controversie, perché probabilmente condizionata politicamente a sfavore di altre mascotte che sembravano aver avuto maggior consenso popolare. Con i simboli paralimpici fiocco di neve e raggio di sole, già visti in altre edizioni, figurano sulla moneta da 25 rubli introdotta in Russia nel 2012.

Tina e Milo: le mascotte di Milano Cortina 2026

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Il 2018 è l’anno delle Olimpiadi sudcoreane di Pyeongchang e della tigre bianca Soohorang. Sooho significa protezione, rang è la parte centrale della parola tigre in coreano, animale sacro guardiano della nazione. Bandabi è invece un orso tibetano dal pelo scuro, simbolo paralimpico. Quattro anni più tardi è la volta di Pechino 2022 che presenta delle mascotte da cartone animato, dai molteplici significati simbolici. Bing Dwen Dwen è un panda gigante che indossa una copertura di ghiaccio. Bing significa in cinese mandarino proprio ghiaccio mentre dwen dwen equivale a robusto e vitale. C’è poi la lanterna antropomorfa Shuey Rhon Rhon, rossa come da tradizione ed avvolta da una sciarpa dorata. Infine figurano le nuove arrivate Tina e Milo, pronte a debuttare per le imminenti Olimpiadi di Milano Cortina e presentate sul palco del Festival di Sanremo lo scorso febbraio. Rappresentano due ermellini, uno femmina dal pelo chiaro e l’altro dal manto scuro e senza una gamba. Possono essere considerate le prime mascotte della Gen Z. Ad affiancarli vi sono sei fiori di bucaneve chiamati Flo, che insieme a Tina e Milo formano parte di un racconto narrativo che ricorrerà sempre più durante queste settimane, ricche di trepidazione.