
La storia delle arm sleeve nello sport Quando una protesi medica diventa fashion
Jannik Sinner ha aggiunto un nuovo dettaglio estetico al suo look. Oltre all’iconico cappellino, ora il tennista italiano ha scelto di indossare una compression sleeve sul braccio sinistro. Una novità estetica che è eredità dell’edizione 2025 di Wimbledon quando accusò un problema al gomito dopo una caduta nel corso del match contro Grigor Dimitrov, vinto poi per il ritiro del bulgaro. Per poter scendere in campo nei turni successivi nonostante questo infortunio, Sinner utilizzò una compression sleeve bianca griffata Nike con Swoosh nero. La indossava anche il giorno della finale vinta contro Carlos Alcaraz e il pensiero comune era che quella sarebbe stata l’ultima cartolina di Sinner con il braccio coperto. E invece a Cincinnati, nella sua prima uscita ufficiale post Wimbledon, Sinner indossava la stessa sleeve bianca. Interrogato sul tema al termine della partita contro Gabriel Diallo, Sinner ha sottolineato che non si tratta di una scelta dettata dalla moda e ha aggiunto che la indossa perché gli permette di avere un migliore impatto sulla pallina dato che aumenta la sensibilità del braccio.
Il manicotto è una protesi che allevia il dolore in quanto migliora la circolazione sanguigna e di conseguenza permette una guarigione più veloce dalle infiammazioni di tendini o muscoli. Inoltre riduce al minimo le vibrazioni e i microtraumi che nel tennis si verificano in ogni colpo di uno scambio. Sinner non è il primo tennista a ricorrere a questa soluzione per risolvere un problema al gomito ma è sicuramente diventato il testimonial più importante di questo strumento. Un supporto medico che involontariamente, ma anche inevitabilmente, è diventato elemento di stile e di conseguenza ha alimentato il fenomeno dell’emulazione. Nike non ha diffuso dati relativi alla vendita delle sleeve dal torneo di Wimbledon ad oggi ma ci sono pochi dubbi sul fatto che i numeri siano più che positivi.
La curiosità estetica relativa a Sinner è legata al colore della sleeve. Se a Wimbledon infatti, era sembrato naturale che ne indossasse una in tinta unita bianca per via del rigido dress code imposto dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club, ha sorpreso che la stessa tonalità sia stata utilizzata a Cincinnati prima e poi sul cemento di Flushing Meadows per l’edizione 2025 degli US Open nonostante un kit amaranto in tinta unita. Sinner inizialmente aveva confessato di aver testato anche una sleeve nera che però, per via del caldo e delle alte temperature, aveva deciso di abbandonare immediatamente perché non gli garantiva la stessa sensibilità della sleeve bianca. Sleeve nera che però è comparsa in occasione della partita contro Aleksandr Bublik negli ottavi di finale quando Sinner ha sfoggiato un kit in tinta unita viola. Una soluzione questa che ha cancellato quella patina da supporto medico che accompagnava la sleeve in versione total white, trasformandola definitivamente in un fashion item. Inoltre è lecito attendersi che Nike possa sviluppare delle sleeve in tinta con i kit del tennista italiano o comunque con tonalità che non spezzino l'estetica dei completi con lo Swoosh.
La storia
Quando si pensa alla storia delle sleeve nel mondo dello sport, il primo nome che viene in mente è senza dubbio quello di Allen Iverson. Anche in questo caso si tratta di una necessità medica trasformata in un’icona di stile. Il 21 gennaio 2001, a causa di una fastidiosa borsite, Allen Iverson indossò una protezione al gomito sinistro creata appositamente dallo staff medico dei Philadelphia 76ers. The Answer quella sera contro i Toronto Raptors di Vince Carter segnò 51 punti e da quel momento decise che non avrebbe più abbandonato la sleeve. La indossava nel corso delle Finals di quell’anno contro i Los Angeles Lakers, quando regalò uno dei momenti più iconici della storia della NBA con lo step over ai danni di Tyronne Lue, e la indossò per il resto della sua carriera sempre intonata alla canotta indossata in campo diventando una fashion icon per tutte le generazioni successive.
La sleeve infatti ha fatto parte del guardaroba di LeBron James per larghi tratti della sua carriera. Carmelo Anthony ne fece un punto fisso insieme alla sua immancabile fascetta e l’esultanza con le tre dita puntate alla tempia. Dwight Howard ne indossava una che sembrava esplodere per quanto fossero grossi i suoi bicipiti. Oggi gli esponenti più famosi di questa corrente sono Victor Wembanyama e Shai Gilgeous-Alexander. In WNBA negli ultimi anni si è vista invece una deviazione sul tema con A'ja Wilson e Angel Reese responsabili della diffusione delle leg sleeve, anche in questo caso indossate su una sola gamba.
Le arm sleeve sono presenti in ogni sport. Nella MLB sono diventate un tratto comune dato che offrono anche una protezione per eventuali scivolate. La diffusione in NFL è capillare con Patrick Mahomes dei Kansas City Chiefs come maggior esponente di questo trend. La diffusione delle arm sleeve non conosce confini. Juan Sebastián Muñoz ne è stato testimonial recentemente per il golf, Finn Balor le porta sin dal suo debutto in WWE, Miriam Sylla e Paola Egonu sono solo due delle pallavoliste della nazionale italiana che scendono in campo indossando una sleeve su entrambe le braccia. Anche il calcio si è prestato a questo trend grazie a Paul Pogba: il francese cominciò ad indossarla ai tempi del Manchester United nel corso della stagione 2020/21 a causa di un problema al gomito e una volta trovatosi a suo agio non l’ha più abbandonata, replicando questo stile anche nei pochi spezzoni di partita giocati con la maglia della Juventus tra il 2022 e il 2023. Oggi il maggior esponente è Neymar che ne indossa una sul braccio sinistro.
Effetto placebo
Le arm sleeve non sono l’unico supporto medico che si è trasformato in un fashion item. È il caso di Victor Osimhen: nel gennaio 2022 l’attaccante nigeriano tornò in campo due mesi dopo una frattura dello zigomo sinistro e dell'annessa orbita oculare indossando una maschera per attutire i colpi. Da quel momento decise di non abbandonarla più affermando di sentirsi più sicuro, trasformandola nella sua principale peculiarità estetica. La vittoria dello Scudetto da parte del Napoli nel 2023, con 26 gol in campionato di Osimhen, non fece altro che aumentare l’aura di questa protesi medica che in quei mesi divenne il gadget più cercato dai tifosi.
Il caso più estremo però riguarda Karim Benzema. Nel 2019 l’attaccante francese si procurò la frattura del mignolo della mano destra. Per accelerare il ritorno in campo, e quindi evitare un’operazione chirurgica che avrebbe imposto un’assenza più lunga, Benzema la settimana successiva scese in campo con la mano fasciata come un pugile. A questa decisione fece seguito una striscia positiva di sei gol in quattro partite, elemento questo che spinse Benzema da quel momento in poi a scendere sempre in campo con la mano fasciata. Divenne il suo trademark, talmente idealizzato nella mente dei tifosi che quando nel 2022 vinse il Pallone d’Oro, per celebrarlo adidas ideò una campagna in cui la mano di Benzema veniva coperta da una fasciatura oro.
Oggi la fasciatura sulla mano è senza dubbio il supporto medico che più di altri è stato trasformato in fashion item. Luis Suarez ne porta una da quando si è fratturato il polso ai tempi della sua esperienza al Liverpool. La stessa identica fasciatura è entrata nel look di Phil Foden. Jamie Vardy l’ha abbandonata ma nel 2016 la sua mano fasciata divenne uno dei simboli del titolo in Premier League del Leicester, e chissà che non possa riproporla ora che giocherà in Serie A con la maglia della Cremonese. La diffusione delle fasciature sulla mano è addirittura così capillare tra i giocatori del Barcellona, da Lewandowski e Raphinha a Lamine Yamal, che vennero addirittura accusati di nascondere un sistema che permettesse loro di assumere delle sostanze dopanti. Una lunghissima lista di esempi che potrebbe proseguire con fasciatura sui polsi dalla varie dimensioni oppure con nastri di tape sulle ginocchia alla Juan Sebastián Verón. Gli sportivi sono molto superstiziosi e quando infilano una striscia di prestazioni positive tendono a non cambiare la loro routine perché temono di spezzare la magia. Con la conseguenza che a volte si trasformano in icone di stile.

































































